lunedì 29 agosto 2016

Frodi alimentari: consumatore ingannato in caso di consegna di merce non conforme all'etichetta

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La Corte di Cassazione, Sezione Terza Penale, con sentenza n. 35387 del 24 Agosto 2016, ha stabilito che l'etichettatura di un prodotto (che indica il contenuto) e la vendita dello stesso (con l'etichettatura non conforme al prodotto, o il prodotto non conforme a quanto dichiarato nell'etichetta) integra il reato di frode in commercio. Inoltre, è ininfluente se il prodotto viene ceduto al terzo senza profitto oppure abbia lo stesso, o addirittura maggiore, valore nutritivo poichè che la norma si propone di tutelare l'onestà e la correttezza degli scambi commerciali.







Il fatto  
Nel Marzo 2006, in seguito ad una  perquisizione effettuata dai militari del Nas all'interno dei capannoni di un'azienda ortofrutticola siciliana, venivano rinvenute delle bobine di etichette termiche della Ecocert Italia srl, ditta autorizzata alla certificazione di produzione di prodotti biologici.
Una delle bobine era ancora montata all'interno di una macchina confezionatrice con accanto 12 scatole di arance pronte per l'etichettatura.

La sentenza del Tribunale di Catania
Il Tribunale di Catania condannava gli imputati al pagamento di una  multa ed al risarcimento danno in favore della ditta Ecocert Italia srl.

La sentenza della Corte di Appello di Catania
La Corte di Appello di Catania confermava, nella quasi totalità, la sentenza del giudice di prime cure.

Il ricorso per Cassazione
Avverso la sentenza  di secondo grado i condannati proponevano ricorso per cassazione adducendo i seguenti motivi: a) si trattava solo di poche casse di arance; b) quelli ritrovati erano copie dei marchi della Ecocert e non gli originali, peraltro senza alcuna correlazione con uno scontrino; c) i codici a barre erano identici per tipologia di prodotto; d) sulle etichette sequestrate non veniva  riportata la data del confezionamento, il lotto ed il prezzo; e) in fin dei conti, il Nas non aveva trovato nessuna cassa di arance contraffatte in vendita presso alcun punto vendita.
Pertanto, alla luca  di quanto sopra, il ricorrente, concludendo che i fatti erano accaduto per colpa e non per dolo, riteneva che andasse assolto dai fatti per i quali si procedeva poichè nessun consumatore era stato ingannato.

La pronuncia della Corte 
I giudici della Suprema Corte, richiamandosi alle sentenze di primo e secondo grado, hanno sancito che il reato di frode in commercio è integrato dalla vendita di un prodotto con certificazione di produzione biologica ma non tale. A nulla rileva la circostanza del il profitto od del danno in quanto estranei alla struttura del reato ed è, perciò, ininfluente che al compratore sia consegnata merce il cui costo di produzione sia pari o anche superiore al costo di quella dichiarata ed abbia lo stesso o un maggiore potere nutritivo. In sostanza, i giudici della Suprema Corte, a tutela dell'onestà e correttezza degli scambi commerciali, hanno sancito  la vigenza del principio di corrispondenza tra il chiesto ed consegnato viceversa si integra il reato di frode in commercio di cui all'art. 515 del codice penale.


© Micene Alta Formazione


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 Corte di Cassazione, Sezione Terza Penale, con sentenza n. 35387 del 24 Agosto 2016

Sentenza sul ricorso proposto da:
SANTANGELO ROSARIA nato il 13/08/1929 a ADRANO
STISSI NICOLA nato il 22/06/1965 a CATANIA
avverso la sentenza del 25/06/2013 della CORTE APPELLO di CATANIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso udito in PUBBLICA UDIENZA
del 22/03/2016, la relazione svolta dal Consigliere ANGELO MATTEO SOCCI
Udito il Procuratore Generale in persona del PAOLA FILIPPI
Uditi difensor Avv.;
Penale Sent. Sez. 3 Num. 35387 Anno 2016
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: SOCCI ANGELO MATTEO
Data Udienza: 22/03/2016
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d'Appello di Catania con sentenza del 25 giugno 2013,
confermava la sentenza del tribunale di Catania del 9 marzo 2009, che
aveva condannato Santangelo Rosaria e Stissi Nicola alla pena di €
1300,00 di multa, oltre al risarcimento del danno in favore della parte
civile Ecocert Ital s.r.I.; assolveva invece La Venia Mario perché il fatto
non costituisce reato (per tutti e tre art. 515 cod. pen.: "perché, in
concorso tra di loro con più azioni esecutive del medesimo disegno
criminoso, Santangelo nella qualità di amministratore unico della Giamba
Srl, La Venia in qualità di amministratore unico della ortofrutticola
demetra S.r.l., Stissi nella qualità dì collaboratore della Santangelo e
gestore di fatto della Giamp Srl, ponevano in vendita confezione di arance
(provenienti dalla ortofrutticola Demetrio Srl e confezionate dalla Gìamp
Srl) su cui ha apponevano falsamente il marchio "Ecocert Italia" (ditta
autorizzata alla certificazione di produzione biologica), così facendo
credere che il prodotto era di qualità superiore poiché proveniente da
culture biologiche certificate; consumato in Catania dal gennaio al marzo
2006).
2. Santangelo Rosaria e Stissi Nicola propongono ricorso per
cassazione a mezzo del proprio difensore deducendo i motivi di seguito
enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come
disposto dall'art. 173, commal, disp. att., cod. proc. pen.
2. 1. Vizio di motivazione in ordine al rigetto dell'eccezione sulla
mancanza di legittimazione della Ecocert Italia alla costituzione di parte
civile.
La difesa aveva contestato la legittimazione della Ecocert a
costituirsi parte civile, in quanto né offesa e né danneggiata dal reato. La
persona offesa dal reato è il soggetto titolare dell'interesse che costituisce
l'oggetto giuridico del reato; non essendoci contraffazione del marchio
non può considerarsi parte offesa la Ecocert. La Ecocert, infatti, si limita a
certificare la provenienza biologica dei prodotti agricoli.
2. 2. Vizio di motivazione in ordine all'affermazione di responsabilità.
La corte di appello ha avallato acriticamente le argomentazioni del
giudice di primo grado; le valutazioni sono superficiali e distorte le
interpretazioni degli atti di causa. Da nessuna fonte risulta che le
confezioni fossero numerose;per l'episodio del marzo 2006 si evidenziava
la presenza delle copie e non degli originali del marchio, senza
collegamento con uno scontrino. I codici a barre erano identici per
tipologia di prodotti; sull'etichetta non veniva riportata la data del
confezionamento, il lotto ed il prezzo. I controlli del NAS hanno dato esito
negativo, non essendo mai stata trovata alcuna confezione di arance
convenzionali recanti il marchio Ecocert presso il punto vendita SMA di
via fiducia. Anche per l'episodio del gennaio 2006 vi è in atti solo una
copia dello scontrino e del marchio inviati tramite fax in allegato ad una
lettera della Ecocert.
La lettera della Santangelo che segnalava l'errore è sintomatica
della sua buona fede, e non prova della perpetrazione di un illecito .
Stissi non ha fatto sparire le etichette della Ecocert, ma ha
spiegato le ragioni del possesso delle etichette.
L'etichettatura quindi è avvenuta per colpa e non con dolo.
In ogni caso non appare configurabile nessuna vendita di aliud pro
allo (nessuna prova sussiste comunque anche su una sola vendita), e
comunque nessun inganno al consumatore (oltre all'etichetta, neutra e
oscura per molti, non sussistevano altre indicazioni sulla origine biologica
dei prodotti). Il prezzo poi è pari al prodotto convenzionale, e quindi non
sussiste l'inganno. Nessuna prova sussiste comunque della messa in
commercio anche di un solo sacchetto di arance.
2. 3. Carenza di motivazione per la negazione delle generiche e per
la determinazione della pena.
Con mere formule stilistiche si sono negate le generiche, e inoltre
con affermazioni apodittiche si sono negati i benefici richiesti. I ricorrenti
sono regolarmente impegnati nel lavoro, hanno tenuto un
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
comportamento processuale buono e hanno una inesistente capacità
criminale. Errata è anche la determinazione della provvisionale in
considerazione di nessuna prova di danni.
Hanno chiesto quindi l'annullamento della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. i ricorsi sono inammissibili, perché, valutati nel loro
complesso contenuto, chiedono alla Corte di Cassazione una rivalutazione
del fatto preclusa in sede di legittimità.
In tema di giudizio di cassazione, sono precluse al giudice di
legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della
decisione impugnata e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri
di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come
maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa
rispetto a quelli adottati dal giudice del merito. (Sez. 6, n. 47204 del
07/10/2015 - dep. 27/11/2015, Musso, Rv. 265482).
In tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili
censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza,
dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con
atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando
mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del
processo; per cui sono inammissibili tutte le doglianze che "attaccano" la
persuasività, l'inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la
stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano
una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle
diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni
differenti sui punti dell'attendibilità, della credibilità, dello spessore della
valenza probatoria del singolo elemento. (Sez. 6, n. 13809 del
17/03/2015 - dep. 31/03/2015, 0., Rv. 262965). In tema di
impugnazioni, il vizio di motivazione non può essere utilmente dedotto in
cassazione solo perché il giudice abbia trascurato o disatteso degli
elementi di valutazione che, ad avviso della parte, avrebbero dovuto o
potuto dar luogo ad una diversa decisione, poiché ciò si tradurrebbe in
una rivalutazione del fatto preclusa in sede di legittimità. (Sez. 1, n. 3385
del 09/03/1995 - dep. 28/03/1995, Pischedda ed altri, Rv. 200705).
3. 1. La Corte di appello, e il Giudice di primo grado,in doppia
conforme, hanno con esauriente motivazione, immune da vizi di
manifesta illogicità o contraddizioni, dato conto del ragionamento che ha
portato alla valutazione di responsabilità dei due ricorrenti. In esito alla
perquisizione dei locali della Giamp si addiveniva al sequestro in data 28
marzo 2006 delle bobine delle etichette termiche della ECOCERT, una
delle quali ancora montata nella confezionatrice; nei pressi della
confezionatrice si rinvenivano ben 12 scatole recanti ciascuna 4 bobine e
una scatola recante 2 bobine intere e 1 parzialmente utilizzata (vedi pag.
1 sentenza di primo grado).
Inoltre sempre per le decisioni di merito "... Dette numerose
confezioni di arance sono state commercializzate presso diversi punti
vendita della SMA e di ciò è prova non solo lo scontrino in atti del
6/03/2006 ... ma anche la differenza di non poco momento tra le buste
acquistate da DEMETRIA dalla Giamp e successivamente cedute alla SMA
e quelle ritirate in tutta fretta dal commercio dopo che vi era stato il
controllo a campione ad iniziativa della ECOCERT".
La Corte di appello rileva, inoltre, l'ammissione stragiudiziale
dell'uso delle etichette da parte della Santangelo Rosaria (missiva del
24/03/2006) - vedi pag. 2 della sentenza impugnata -.
La tesi della colpa e non del dolo - proposta in appello e poi nel
ricorso in Cassazione -, risulta adeguatamente analizzata dalla
motivazione della sentenza impugnata, immune da vizi logici manifesti o
da contraddizioni (richiamo alla perquisizione e al contenuto delle
testimonianze). E' un accertamento dì fatto non sindacabile in sede di
legittimità.
Infine l'etichettatura di un prodotto (che indica il contenuto) e la
vendita dello stesso (con l'etichettatura non conforme al prodotto, o il
prodotto non conforme a quanto dichiarato nell'etichetta) integra il reato
di frode in commercio. Sul punto la giurisprudenza di questa Corte è
costante.
"Integra il reato di frode nell'esercizio del commercio, e non
l'illecito amministrativo previsto dalla L. 19 ottobre 1984, n. 748, la
vendita di concime con composizione diversa da quella dichiarata, non
sussistendo tra le norme alcun rapporto di specialità, sia per la diversa
obiettività giuridica che per il diverso interesse protetto". (Sez. 3, n.
21319 del 28/04/2011 - dep. 27/05/2011, Torzi, Rv. 250480);
"Tra la previsione di cui all'art. 2 del D.Lgs n.109 del 1992 n.
109, recante disposizioni in tema di etichettatura e presentazione dei
prodotti alimentari tali da attribuire al prodotto proprietà che lo stesso
non possegga, e l'art. 515 cod. pen., che tutela il corretto svolgimento
dell'attività commerciale, continua a non sussistere, anche
successivamente alle modifiche normative introdotte dal D.Lgs. n. 181
del 2003, alcun rapporto di specialità stante il diverso ambito di
operatività delle due disposizioni". (Sez. 3, n. 2019 del 08/11/2007 - dep.
15/01/2008, Brezza e altro, Rv. 238589).
3. 2. Del pari iriilevante è l'assenza del profitto. "Il delitto di frode
in commercio consiste nella consegna all'acquirente di una cosa diversa
da quella dichiarata e pattuita e tutela l'ordine economico mediante la
repressione della frode in danno degli acquirenti i quali hanno diritto a
ricevere in consegna la cosa pattuita. Gli elementi del profitto e del danno
altrui sono estranei alla struttura del reato ed e perciò irrilevante che al
compratore sia consegnata merce il cui costo di produzione sia pari o
anche superiore al costo di quella dichiarata ed abbia lo stesso o un
maggiore potere nutritivo". ( V 104059, anno 1967, e, per la prima parte,
101934, anno 1966).* (Sez. 6, n. 442 del 11/03/1967 - dep.
13/05/1967, MORO, Rv. 104179).
3. 3. Può, quindi, affermarsi il seguente principio di diritto:
"Integra il reato di frode in commercio la vendita di un prodotto con
certificazione di produzione biologica ma non tale - nella specie arance -
ed è irrilevante il profitto od il danno che risultano estranei alla struttura
del reato, ed e perciò ininfluente che al compratore sia consegnata merce
il cui costo di produzione sia pari o anche superiore al costo di quella
dichiarata ed abbia lo stesso o un maggiore potere nutritivo".
3. 4. Relativamente al trattamento sanzionatorio e alla
motivazione sulle circostanze attenuanti generiche, si rileva che anche sul
punto il ricorso risulta inammissibile.
La pena (di € 1300,00 di multa) è stata contenuta dal Giudice
prossima al minimo edittale, prevista la reclusione fino a 2 anni o la
multa fino a 2.065,00, e quindi non necessitava una particolare
motivazione, e il richiamo ai criteri dell'art. 133 cod. pen. risulta
adeguato. Nel caso in cui venga irrogata una pena prossima al minimo
edittale, l'obbligo di motivazione del giudice si attenua, talchè è
sufficiente il richiamo al criterio di adeguatezza della pena, nel quale sono
impliciti gli elementi di cui all'art. 133 cod. pen.. (Sez. 2, n. 28852 del
08/05/2013 - dep. 08/07/2013, Taurasi e altro, Rv. 256464).
La decisione sulla concessione o sul diniego delle attenuanti
generiche è rimessa alla discrezionalità del giudice dì merito, che
nell'esercizio del relativo potere agisce con insindacabile apprezzamento,
sottratto al controllo di legittimità, a meno che non sia viziato da errori
logico-giuridici. (Sez. 2, n. 5638 del 20/01/1983 - dep. 14/06/1983,
ROSAMILIA, Rv. 159536; Sez. 5, n. 7562 del 17/01/2013 - dep.
15/02/2013, P.G. in proc. La Selva, Rv. 254716; Sez. 6, n. 14556 del
25/03/2011 - dep. 12/04/2011, Belluso e altri, Rv. 249731).
Le attenuanti generiche previste dall'art. 62-bis cod. pen. sono
state introdotte con la funzione di mitigare la rigidità dell'originario
sistema di calcolo della pena nell'ipotesi di concorso di circostanze di
specie diversa e tale funzione, ridotta a seguito della modifica del giudizio
di comparazione delle circostanze concorrenti, ha modo dì esplicarsi
efficacemente solo per rimuovere il limite posto al giudice con la
fissazione del minimo edittale, allorché questi intenda determinare la
pena al di sotto di tale limite, con la conseguenza che, ove questa
situazione non ricorra, perché il giudice valuta la pena da applicare al di
sopra del limite, il diniego della prevalenza delle generiche diviene solo
elemento di calcolo e non costituisce mezzo di determinazione della
sanzione e non può, quindi, dar luogo né a violazione di legge, né al
corrispondente difetto di motivazione. (Sez. 3, n. 44883 del 18/07/2014 -
dep. 28/10/2014, Cavicchi, Rv. 260627).
4. Anche sulla legittimazione della ECOCERT alla costituzione di
parte civile, e sulla liquidazione della provvisionale di € 1.000,00 si deve
rilevare l'inammissibilità del ricorso per manifesta infondatezza del
motivo. La sentenza impugnata con adeguata e logica motivazione rigetta
l'eccezione già formulata con i motivi di appello, nei seguenti termini: "...
atteso che l'utilizzo illegittimo delle etichette della ditta ECOCERT su
prodotti non corrispondenti a quelli per i quali la suddetta azienda
effettua specifiche verifiche di genuinità ha certamente determinato un
danno che nella misura indicata in sentenza risulta certamente già
dimostrato, essendo stata liquidata una somma a titolo di provvisionale
assolutamente contenuta e certamente inferiore all'effettiva lesione
subita dalla parte civile".
Alla dichiarazione di inammissibilità consegue il pagamento in
favore della cassa delle ammende della somma di € 1.500,00, e delle
spese del procedimento, ex art 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.500,00 in favore
della cassa delle ammende.
Così deciso il 22/03/2016


Corte di Cassazione, Sezione Terza Penale, con sentenza n. 35387 del 24 Agosto 2016 >> versione pdf  


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