giovedì 8 settembre 2016

Clausola claims made: nota a cura della dott.ssa Alessia Romeo

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La Corte di Cassazione. Sezioni Unite, con sentenza n. 9140 del 6 Maggio 2016, ha stabilito la legittimità della "clausola claims made" operante nei contratti di assicurazione. 




La pronuncia della Cassazione sulla clausola claims made
I giudici di Piazza Cavour hanno escluso la vessatorietà della clausola claims made ma che, qualora si tratti di consumatori, può essere dichiarata nulla per difetto di meritevolezza. 

La nota di approfondimento sulla clausola claims made
Per un maggiore approfondimento della tematica in parola, si rimanda alla nota redatta dalla dott.ssa Alessia Romeo >> cliccare qui


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Corte di Cassazione. Sezioni Unite, sentenza n. 9140 del 6 Maggio 2016 >> versione pdf 

SENTENZA
sul ricorso 13729-2012 proposto da:
PROVINCIA RELIGIOSA DI S. PIETRO DELL'ORDINE
OSPEDALIERO DI S. GIOVANNI DI DIO FATEBENEFRATELLI, in
persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO VITTORIO
EMANUELE II 229, presso lo studio dell'avvocato
GIULIANO MARIA POMPA, che la rappresenta e difende, per
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Civile Sent. Sez. U Num. 9140 Anno 2016
Presidente: AMOROSO GIOVANNI
Relatore: AMENDOLA ADELAIDE
Data pubblicazione: 06/05/2016
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
. delega a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
CATTOLICA ASSICURAZIONI COOP. A R.L., in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 38, presso lo
studio dell'avvocato PIERFILIPPO COLETTI, che la
rappresenta e difende, per delega in calce al
controricorso;
- controricorrente -
nonché contro
REALE MUTUA ASSICURAZIONI S.P.A., ZURICH INSURANCE PLC,
PRESUTTO ANDREA, DUOMO UNI ONE ASSICURAZIONI S.P.A.,
MMI DANNI S.P.A.;
- intimati -
avverso la sentenza n. 405/2012 della CORTE D'APPELLO
di ROMA, depositata il 24/01/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 26/01/16 dal Cons. Dott. ADELAIDE AMENDOLA;
uditi gli avvocati Giuliano Maria POMPA, Pierfilippo
COLETTI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ROSARIO GIOVANNI RUSSO, che ha concluso
per l'accoglimento del primo motivo del ricorso,
assorbiti gli altri, statuendosi i principi cui dovrà
attenersi il giudice di merito al fine di stabilire se
la clausola claims made sia vessatoria.
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 18 dicembre 2008 il Tribunale di Roma accolse la domanda
proposta da Andrea Presutto nei confronti della Provincia Religiosa di S.
Pietro dell'Ordine Ospedaliero di S. Giovanni di Dio Fatebenefratelli (di
seguito anche solo Provincia Religiosa), domanda volta ad ottenere il
risarcimento dei danni da lui subiti per effetto della condotta dei medici della
struttura che lo avevano curato. E nel condannare l'ente al pagamento della
somma liquidata al paziente a titolo di ristoro dei pregiudizi patiti, dichiarò
tutte le compagnie assicurative chiamate in causa dalla convenuta tenute a
manlevare la responsabile-assicurata nei limiti previsti dalle rispettive
polizze.
Propose appello la Società Cattolica di Assicurazioni s.p.a., anche quale
delegataria delle coassicuratrici Zurich Insurance PLC (per la quota del 30%)
e di Reale Mutua (per la quota dei 20%), censurando la ritenuta
inoperatività della clausola c.d. clairns made - letteralmente "a richiesta
fatta" - inserita nella polizza n. 11891, da essa stipulata con la Provincia
Religiosa, in quanto derogativa, secondo il giudice di prime cure, del primo
comma dell'art. 1917 cod. civ., e quindi dei principio in base al quale la
copertura assicurativa si estende a tutti i fatti accaduti durante la vigenza
del contratto. Sostenne segnatamente l'esponente che, nell'adottare tale
errata soluzione, il decidente non aveva considerato che la pattuizione
intitolata "Condizione speciale - Inizio e Termine della Garanzia", in base
alla quale la manleva valeva per le istanze risarcitorie presentate per la
prima volta nel periodo di efficacia dell'assicurazione, purché il fatto che
aveva originato la richiesta fosse stato commesso nello stesso periodo o nel
triennio precedente alla stipula, era pienamente valida ed efficace, anche in
assenza di una specifica sottoscrizione, in quanto volta a delimitare l'oggetto
del contratto e non a stabilire una limitazione di responsabilità.
Con la sentenza ora impugnata, depositata il 16 dicembre 2011, la Corte
d'appello di Roma ha rigettato la domanda di manleva della Provincia nei
confronti della Cattolica e delle coassicuratrici.
In motivazione la Curia capitolina, affermata la piena validità della clausola,
ne ha altresì escluso il carattere vessatorio rilevando che la stessa, lungi dal
rappresentare una limitazione della responsabilità della società assicuratrice,
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estende la copertura ai fatti dannosi verificatisi prima della stipula del
contratto.
Il ricorso della Provincia Religiosa avverso detta decisione è articolato su tre
motivi.
Si sono difese con controricorso la Società Cattolica Assicurazioni Coop. a
r.l. e Zurich Insurance PLC.
A seguito di istanza dell'impugnante, il Primo Presidente, ritenuto che la
controversia presentava una questione di massima di particolare
importanza, ne ha disposto l'assegnazione alle sezioni unite.
Fissata l'udienza di discussione, entrambe le parti hanno depositato
memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Va anzitutto sgombrato il campo dall'eccezione, sollevata in limine dalla
Società Cattolica di Assicurazione Coop. a r.l. e dalla Zurich Insurance PLC,
di inammissibilità del ricorso per violazione del principio di autosufficienza.
Sostengono invero le resistenti che l'impugnazione violerebbe il disposto
dell'art. 366, primo comma, n. 6 cod. proc. civ., posto che non sarebbe
riportato il testo del contratto né ne sarebbe indicata l'esatta allocazione nel
fascicolo processuale.
Il rilievo non ha pregio.
La preliminare verifica evocata dalle società assicuratrici è destinata ad
avere esito positivo a condizione che il ricorso contenga tutti gli elementi
necessari a porre il giudice di legittimità in grado di avere la completa
cognizione della controversia e del suo oggetto nonché di cogliere il
significato e la portata delle censure rivolte alle argomentazioni con le quali
il decidente ha giustificato la scelta decisoria adottata.
Nello specifico, il nodo problematico sul quale è stato sollecitato l'intervento
nomoffiattico delle sezioni unite, attiene alla validità di una clausola il cui
contenuto è assolutamente pacifico tra le parti ed è comunque stato
trascritto in ricorso, di talché non avrebbe senso sanzionare con
l'inammissibilità l'omissione delle indicazioni necessarie alla facile reperibilità
del testo dell'intero contratto, considerato che nessun ausilio esso
apporterebbe alla soluzione delle questioni poste dalla proposta
impugnazione. è sufficiente all'uopo considerare che le deduzioni hinc et
iride svolte a sostegno delle rispettive tesi difensive, omettono qualsivoglia
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riferimento a pattuizioni diverse da quella racchiusa nella clausola in
contestazione, volta a circoscrivere, nei sensi che di qui a poco si andranno
a precisare, l'obbligo della garante di manlevare la garantita.
2.1. Per le stesse ragioni, e specularmente, l'eccezione di giudicato esterno
sollevata da entrambe le parti, nelle memorie ex art. 378 cod. proc. civ. e
nel corso della discussione orale, in relazione a sentenze definitive che, con
riferimento alla polizza n. 11891 oggetto del presente giudizio, avrebbero
pronunciato sulla validità della contestata condizione, non può sortire
l'effetto di precludere la decisione di questa Corte sul merito della proposta
impugnazione.
Mette conto in proposito ricordare che, nel giudizio di legittimità, il principio
della rilevabilità dei giudicato esterno va coordinato con i criteri redazionali
desumibili dal disposto dell'art. 366, n. 6, cod. proc. civ.. E tanto per la
dirimente considerazione che l'interpretazione dei giudicato esterno, pur
essendo assimilabile a quella degli elementi normativi astratti, in ragione
della sua natura di norma regolatrice del caso concreto, va comunque
effettuata sulla base di quanto stabilito nel dispositivo della sentenza e nella
motivazione che la sorregge, di talché la relativa deduzione soggiace
all'onere della compiuta indicazione di tutti gli elementi necessari al
compimento del sollecitato scrutinio (cfr. Cass. civ. 10 dicembre 2015, n.
24952).
2.2. Venendo al caso di specie, le contrapposte deduzioni delle parti in
ordine all'esistenza di sentenze passate in giudicato che, con esiti niente
affatto coincidenti, si sarebbero pronunciate sulle questioni oggetto dei
presente giudizio, non sono accompagnate dalla indicazione degli elementi
indispensabili alla verifica della fondatezza dell'eccezione, nei sensi testé
esplicitati.
Ne deriva che l'eccezione di giudicato esterno va disattesa.
3.1. Passando quindi all'esame della proposta impugnazione, con il primo
motivo, la Provincia Religiosa, denunciando violazione e falsa applicazione
dell'art. 1341, secondo comma, cod. civ., omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia, ex art. 360,
nn. 3, 4, 5 cod. proc. civ., contesta la negativa valutazione della natura
vessatoria della clausola.
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Rileva segnatamente l'esponente che la stessa, non integrando l'oggetto del
contratto, ma piuttosto limitando la responsabilità della compagnia
assicuratrice, ovvero prevedendo decadenze, limitazioni alla facoltà di
proporre eccezioni e restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti con i
terzi, facoltà di sospendere l'esecuzione, richiedeva una specifica
sottoscrizione, nella specie mancante. Aggiunge che, mentre la previsione
pattizia non infìrma la tipicità dello schema negoziale, l'estensione della
garanzia a sinistri occorsi in periodi precedenti alla vigenza della polizza è
ben possibile anche in contratti conformati sul modello loss occurrence. In
ogni caso - evidenzia - l'art. 1341 cod. civ. è norma che riguarda tutti i
contratti, tipici o atipici che siano.
3.2. Con il secondo mezzo l'impugnante lamenta violazione e falsa
applicazione degli artt. 1341, 2964 e 2965 cod. civ., omessa, insufficiente o
contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia, ex art. 360
nn. 3, 4 e 5 cod. proc. civ. Sostiene che la condizione apposta al contratto
sarebbe nulla, ex art. 2965 cod. civ., per l'eccessiva difficoltà che ne
deriverebbe all'esercizio del diritto alla manleva dell'assicurato, questione
sulla quale la Corte di merito non si era affatto pronunciata, benché la
stessa fosse stata tempestivamente sollevata sin dai primo grado del
giudizio.
3.3. Con il terzo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt.
1175, 1337, 1358, 1366, 1374 e 1375 cod. civ., nonché omessa,
insufficiente o contraddittoria motivazione su punti decisivi della
controversia, ex art. 360 nn. 3, 4 e 5 cod. proc. civ. Sostiene l'esponente
che la clausola in contestazione sarebbe nulla per contrarietà ai principi di
correttezza e buona fede, poiché essa, intitolata inizio e termine della
garanzia, non contiene alcun richiamo espresso alla circostanza che viene
assicurato non già il fatto foriero di danno, ma la richiesta di danno che,
insieme al fatto, deve intervenire nel corso di vigenza temporale della
polizza.
4. Le critiche, che si prestano a essere esaminate congiuntamente per la
loro evidente connessione, sono infondate.
Va premesso, per una più agevole comprensione delle ragioni della scelta
operata in dispositivo, che il contratto di assicurazione per responsabilità
civile con clausola clalms made (a richiesta fatta) si caratterizza per li fatto
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che la copertura è condizionata alla circostanza che il sinistro venga
denunciato nel periodo di vigenza della polizza (o anche in un delimitato
arco temporale successivo, ove sia pattuita la c.d. sunset dose), laddove,
secondo lo schema denominato "loss occurrence", o "insorgenza del danno",
sul quale è conformato il modello delineato nell'art. 1917 cod. civ., la
copertura opera in relazione a tutte le condotte, generatrici di domande
risarcitorie, insorte nel periodo di durata del contratto.
Senza addentrarsi nella "storia" della formula e del contesto
giurisprudenziale ed economico in cui essa ebbe a germogliare, in quanto
esorbitante rispetto ai fini della presente esposizione, mette conto
nondimeno rilevare, per una migliore comprensione degli interessi in gioco,
che la sua introduzione, circoscrivendo l'operatività della assicurazione a soli
sinistri per i quali nella vigenza del contratto il danneggiato richieda
all'assicurato il risarcimento del danno subito, e il danneggiato assicurato ne
dia comunicazione alla propria compagnia perché provveda a tenerlo
indenne, consente alla società di conoscere con precisione sino a quando
sarà tenuta a manlevare il garantito e ad appostare in bilancio le somme
necessarie per far fronte alle relative obbligazioni, con quel che ne
consegue, tra l'altro, in punto di facilitazione nel calcolo del premio da
esigere.
5. Malgrado la variegata tipologia di clausole claims made offerte dalla
prassi commerciale, esse, schematizzando al massimo, appaiono sussumibili
in due grandi categorie: a) clausole c.d. miste o impure, che prevedono
l'operatività della copertura assicurativa solo quando tanto il fatto illecito
quanto la richiesta risarcitoria intervengano nel periodo di efficacia del
contratto, con retrodatazione della garanzia, in taluni casi, come quello
dedotto in giudizio, alle condotte poste in essere anteriormente (in genere
due o tre anni dalla stipula del contratto); b) clausole c.d. pure, destinate
alla manleva di tutte le richieste risarcitorie inoltrate dal danneggiato
all'assicurato e da questi all'assicurazione nel periodo di efficacia della
polizza, indipendentemente dalla data di commissione del fatto illecito.
6.1. Tanto premesso e precisato, ragioni di ordine logico consigliano di
partire dall'esame delle censure con le quali l'impugnante contesta in radice
la validità della clausola claims made, segnatamente esposte nel secondo e
del terzo motivo di ricorso.
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Orbene, in relazione ai particolari profili di nullità ivi evocati, le critiche sono
destituite di fondamento, ancorché la problematica della liceità dei patti in
essa racchiusi non possa esaurirsi nella loro confutazione e necessiti di
alcune, significative precisazioni.
Anzitutto non è condivisibile l'assunto secondo cui il decidente non avrebbe
risposto alla deduzione di nullità della clausola per contrarietà al disposto
dell'art. 2965 cod. civ.
La Corte territoriale ha invero scrutinato la validità del patto, espressamente
negando, ancorché con motivazione estremamente sintetica, che lo stesso
integrasse violazione di alcuna norma imperativa. Il che significa che la
prospettazione dell'appellata non è sfuggita al vaglio critico dei giudicante.
6.2. Deve in ogni caso escludersi che la limitazione della copertura
assicurativa alle "richieste di risarcimento presentate all'Assicurato, per la
prima volta, durante il periodo di efficacia dell'assicurazione", in relazione a
fatti commessi nel medesimo lasso temporale o anche in epoca antecedente,
ma comunque non prima di tre anni dalla data del suo perfezionamento,
integri una decadenza convenzionale, soggetta ai limiti inderogabilmente
fissati nella norma codicistica di cui si assume la violazione.
E invero l'istituto richiamato, implicando la perdita di un diritto per mancato
esercizio dello stesso entro il periodo di tempo stabilito, va
inequivocabilmente riferito a già esistenti situazioni soggettive attive nonché
a condotte imposte, in vista del conseguimento di determinati risultati, a
uno dei soggetti del rapporto nell'ambito del quale la decadenza è stata
prevista. Invece la condizione racchiusa nella clausola in contestazione
consente o preclude l'operatività della garanzia in dipendenza dell'iniziativa
di un terzo estraneo al contratto, iniziativa che peraltro incide non sulla
sorte di un già insorto diritto all'indennizzo, quanto piuttosto sulla nascita
del diritto stesso.
Ne deriva che non v'è spazio per una verifica di compatibilità della clausola
con il disposto dell'art. 2965 cod. civ.
7.1. Pure infondata è la deduzione di nullità per asserito contrasto della
previsione pattizia con le regole di comportamento da osservarsi nel corso
della formazione del contratto e nello svolgimento del rapporto obbligatorio.
Non è qui in discussione che i reiterati richiami del codice alla correttezza
come regola alla quale il debitore e il creditore devono improntare il proprio
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comportamento (art, 1175 cod. civ.), alla buona fede come criterio
informatore della interpretazione e della esecuzione del contratto (artt. 1366
e 1375 cod. civ.), e all'equità, quale parametro delle soluzioni da adottare in
relazione a vicende non contemplate dalle parti (art. 1374 cod. civ.),
facciano della correttezza (o buona fede in senso oggettivo) un metro di
comportamento per i soggetti del rapporto, e un binario guida per la sintesi
valutativa del giudice, il cui contenuto non è a priori determinato; né che il
generale principio etico-giuridico di buona fede nell'esercizio dei propri diritti
e nell'adempimento dei propri doveri, insieme alla nozione di abuso del
diritto, che ne è l'interfaccia, giochino un ruolo fondamentale e in funzione
integrativa dell'obbligazione assunta dal debitore, e quale limite all'esercizio
delle corrispondenti pretese; né, ancora, che, attraverso le richiamate
norme, possa venire più esattamente individuato, e per così dire arricchito,
il contenuto del singolo rapporto obbligatorio, con l'estrapolazione di obblighi
collaterali (di protezione, di cooperazione, di informazione), che, in relazione
al concreto evolversi della vicenda negoziale, vadano, in definitiva a
individuare la regula iuris effettivamente applicabile e a salvaguardare la
funzione obbiettiva e lo spirito del regolamento di interessi che le parti
abbiano inteso raggiungere.
7.2. Ciò che tuttavia rileva, ai fini del rigetto delle proposte censure, è che,
in disparte quanto appresso si dirà (al n. 17.), in ordine al giudizio di
meritevolezza di regolamenti negoziali oggettivamente non equi e
gravemente sbilanciati, la violazione di regole di comportamento ispirate a
quel dovere di solidarietà che, sin dalla fase delle trattative, richiama "nella
sfera del creditore la considerazione dell'interesse del debitore e nella sfera
del debitore il giusto riguardo all'interesse del creditore", secondo l'icastica
enunciazione della Relazione ministeriale al codice civile, in nessun caso
potrebbe avere forza ablativa di un vincolo convenzionalmente assunto,
essendo al più destinato a trovare ristoro sul piano risarcitorio (confr. Cass.
civ. 10 novembre 2010, n. 22819; Cass. civ. 22 gennaio 2009, n. 1618;
Cass. civ. sez. un. 25 novembre 2008, n. 28056).
7.3. Ora, con specifico riguardo alle censure svolte nel terzo motivo, ciò di
cui l'impugnante Provincia Religiosa si duole è che l'inserimento della
clausola sia avvenuta in maniera asseritamente subdola, posto che la sua
denominazione "inizio e termine della garanzia" avrebbe fuorviato il
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consenso dell'aderente, affatto inconsapevole di un contenuto che stravolge
Io schema codicistico del contratto assicurativo, ispirato alla formula loss
occurence: da tanto inferendo non già l'esistenza di ipotesi di annullabilità
per errore o dolo o di variamente modulati diritti risarcitorí dell'assicurato
nei confronti dell'assicuratore, ma la nullità radicale e assoluta della clausola
sub specie di illiceità che vitiatur sed non vitiat, con conseguente attivazione
del meccanismo sostitutivo di cui all'art. 1419, secondo comma, cod. civ.,
implicitamente, ma inequivocabilmente evocato.
E tuttavia, si ripete, è principio consolidato nella giurisprudenza di questa
Corte, al quale si intende dare continuità, che, ove non altrimenti stabilito
dalla legge, unicamente la violazione di precetti inderogabili concernenti la
validità del contratto è suscettibile di determinarne la nullità, non già
l'inosservanza di norme, quand'anche imperative, riguardanti il
comportamento dei contraenti, inosservanza che può costituire solo fonte di
responsabilità per danni (cfr. Cass. civ. 10 aprile 2014, n. 8462; Cass. civ.
19 dicembre 2007, n. 26724).
Ne deriva che le censure poste nel primo e nel secondo motivo di ricorso
non colgono nel segno.
8.1. L'ampiezza dello scrutinio nomofilattico sollecitato e le peculiarità
proprie della fattispecie dedotta in giudizio, inducono queste sezioni unite a
esaminare un ulteriore, possibile profilo di invalidità della clausola in
contestazione, per vero assai dibattuto, soprattutto in dottrina e nella
giurisprudenza di merito.
Merita evidenziare, sul piano fattuale: a) che il sinistro, e cioè l'omessa
diagnosi dei cui effetti pregiudizievoli Andrea Presutto ha chiesto di essere
ristorato, si è verificato nell'agosto 1993; b) che l'arco temporale di vigenza
della polizza dedotta in giudizio andava dal 21 febbraio 1996 al 31 dicembre
1997, con effetto retroattivo al triennio precedente; c) che la copertura
assicurativa era in ogni caso limitata alle richieste di risarcimento presentate
per la prima volta all'assicurato durante il periodo di operatività
dell'assicurazione, e quindi entro il 31 dicembre 1997; d) che nella
fattispecie la domanda del paziente venne avanzata nel giugno 2001.
E allora, considerato che il sinistro di cui la chiamante ha chiesto di essere
indennizzata si è verificato in epoca antecedente alla stipula del contratto,
risulta ineludibile il confronto con la vexata quaestio della validità
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dell'assicurazione del rischio pregresso. Si ricorda all'uopo che l'assicurabilità
di fatti generatori di danno verificatisi prima della conclusione del contratto,
ma ignorati dall'assicurato, è stata ed è fortemente osteggiata da coloro che
ravvisano nella clausola claims made così strutturata una sostanziale
mancanza dell'alea richiesta, a pena di nullità, dall'art. 1895 cod. civ.. E
invero - si sostiene - posto che il rischio dedotto in contratto deve essere
futuro e incerto, giammai il cd. rischio putativo potrebbe trovare copertura.
9. Da tale opinione le Sezioni unite ritengono tuttavia di dovere dissentire,
così confermando l'orientamento già espresso da questa Corte negli arresti
n. 7273 del 22 marzo 2013, e n. 3622 del 17 febbraio 2014.
Affatto convincente appare in proposito il rilievo che l'estensione della
copertura alle responsabilità dell'assicurato scaturenti da fatti commessi
prima della stipula del contratto non fa venir meno l'alea e, con essa, la
validità del contratto, se al momento del raggiungimento del consenso le
parti (e, in specie, l'assicurato) ne ignoravano l'esistenza, potendosi, in caso
contrario, opporre la responsabilità del contraente ex artt. 1892 e 1893 cod.
civ. per le dichiarazioni inesatte o reticenti. A ciò aggiungasi che, come
innanzi evidenziato, il rischio dell'aggressione del patrimonio dell'assicurato
in dipendenza di un sinistro verificatosi nel periodo contemplato dalla
polizza, si concretizza progressivamente, perché esso non si esaurisce nella
sola condotta materiale, cui pur è riconducibile causalmente il danno,
occorrendo anche la manifestazione del danneggiato di esercitare il diritto al
risarcimento: ne deriva che la clausola daims made con garanzia pregressa
è lecita perché afferisce a un solo elemento del rischio garantito, la condotta
colposa posta già in essere e peraltro ignorata, restando invece
impregiudicata l'alea dell'avveramento progressivo degli altri elementi
costitutivi dell'impoverimento patrimoniale del danneggiante-assicurato.
Non a caso, del resto, il rischio putativo è espressamente riconosciuto nel
nostro ordinamento dall'art. 514 del codice navigazione, con disposizione
che non v'è motivo di ritenere eccezionale.
10. L'affermato carattere grandangolare del giudizio di nullità (cfr. Cass. civ.
sez. un. 12 dicembre 2014, nn. 26242 e 26243), impone a questo punto di
farsi carico degli ulteriori rilievi - disseminati qua e là, nel corpo delle
complesse e articolate argomentazioni formulate dalla ricorrente a
illustrazione della sua linea difensiva - volti a evidenziare la consustanziale e
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invincibile contrarietà della clausola con la struttura propria del contratto di
assicurazione, posto che essa, legando la copertura dei sinistri alla
condizione che ne venga chiesto il ristoro entro un certo periodo di tempo,
decorso il quale cessa ogni obbligo di manleva per la compagnia,
stravolgerebbe, a danno dell'assicurato, la struttura tipica del contratto,
quale delineato nell'art. 1917 cod. civ. che, conformata, come si è detto, sul
modello c.d. loss occurrence, assicura la copertura di tutti i sinistri occorsi
nel periodo di tempo di vigenza della polizza. Secondo tale prospettiva, che
ha trovato riscontro in talune pronunce della giurisprudenza di merito e
adesioni in dottrina, la clausola sarebbe nulla perché vanificherebbe la causa
del contratto di assicurazione, individuata, con specifico riferimento
all'assicurazione sulla responsabilità professionale, nel trasferimento,
dall'agente all'assicuratore, del rischio derivante dall'esercizio dell'attività,
questa e non la richiesta risarcitoria essendo oggetto dell'obbligo di
manleva.
11. Sul piano strettamente dogmatico la tesi dell'intagibilità del modello
codicistico si scontra contro il chiaro dato testuale costituito dall'art. 1932
cod. civ., che tra le norme inderogabili non menziona il primo comma
dell'art. 1917 cod. civ. Il che, in via di principio, consente alle parti di
modulare, nella maniera ritenuta più acconcia, l'obbligo del garante di
tenere indenne il garantito "di quanto questi, in conseguenza del fatto
accaduto durante il tempo dell'assicurazione", deve pagare a un terzo.
Si tratta piuttosto di stabilire fino a che punto i paciscenti possano spingersi
nella riconosciuta loro facoltà di variare il contenuto del contratto e quale sia
il limite oltre il quale la manipolazione dello schema tipico sia in concreto
idonea ad avvelenarne la causa. Non a caso, al riguardo, la tesi della nullità
viene declinata nella ben più scivolosa chiave della immeritevolezza di
tutela dell'assicurazione con clausola claims made, segnatamente di quella
mista, in ragione della significativa delimitazione dei rischi risarcibili, del
pericolo di mancanza di copertura in caso di mutamento dell'assicuratore e
delle conseguenti, possibili ripercussioni negative sulla concorrenza tra le
imprese e sulla libertà contrattuale.
12. In realtà, al fondo della manifesta insofferenza per una condizione
contrattuale che appare pensata a tutto vantaggio del contraente forte, c'è
la percezione che essa snaturi l'essenza stessa del contratto di assicurazione
lo
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per responsabilità civile, legando l'obbligo di manieva a una barriera
temporale che potrebbe scattare assai prima della cessazione del rischio che
ha indotto l'assicurato a stipularlo, considerato che l'eventualità di
un'aggressione del suo patrimonio persiste almeno fino alla maturazione dei
termini di prescrizione.
Peraltro una risposta soddisfacente e conclusiva a siffatto genere di dubbi
non può prescindere da una più approfondita esegesi della natura della
contestata clausola, operazione che, in quanto indispensabile alla
identificazione del relativo regime giuridico, deve necessariamente
confrontarsi anche con le critiche svolte nel primo motivo di ricorso.
13. Si tratta invero di stabilire se essa vada qualificata come limitativa della
responsabilità, per gli effetti dell'art. 1341 cod. civ., ovvero dell'oggetto del
contratto, tenendo conto che, in linea generale, per clausole limitative della
responsabilità si intendono quelle che limitano le conseguenze della colpa o
dell'inadempimento o che escludono il rischio garantito, mentre attengono
all'oggetto del contratto le clausole che riguardano il contenuto e i limiti
della garanzia assicurativa e, pertanto, specificano il rischio garantito (Cass.
civ. 7 agosto 2014, n. 17783; Cass. civ. 7 aprile 2010, n. 8235; Cass. civ.
10 novembre 2009, n. 23741). In siffatta prospettiva si predica che si ha
delimitazione dell'oggetto quando la clausola negoziale ha Io scopo di
stabilire gli obblighi concretamente assunti dalle parti, laddove è delimitativa
della responsabilità quella che ha l'effetto di escludere una responsabilità
che, rientrando, in tesi,nell'oggetto, sarebbe altrimenti insorta.
14. Orbene, funzionale al divisato obbiettivo esegetico è anzitutto la
considerazione che il fatto accaduto durante il tempo dell'assicurazione di
cui parla l'art. 1917 cod. civ. non può essere identificato con la richiesta di
risarcimento: non par dubbio infatti che il lemma - inserito all'interno di un
contesto normativa in cui sono espressamente esclusi dall'area della
risarcibilità i danni derivati dai fatti dolosi (art. 1917, primo comma, ultimo
periodo); in cui sono imposti all'assicurato, con decorrenza dalla data del
sinistro, significativi oneri informativi (art. 1913 cod. civ.); e in cui, infine, è
espressamente sancito e disciplinato l'obbligo di salvataggio (art. 1914 cod.
civ.) - si riferisce inequivocabilmente alla vicenda storica di cui l'assicurato
deve rispondere (cfr. Cass. civ. 15 marzo 2005, n. 5624).
11
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
Il che, se vale a far tracimare i contratti assicurativi con clausola daims
made pura fuori della fattispecie ipotetica delineata nell'art. 1917 cod. civ.,
non è invece sufficiente a suffragare l'assunto secondo cui anche la clausola
daims made mista inciderebbe sulla tipologia stessa del rischio garantito nel
senso che questo non sarebbe più la responsabilità tout court, ma la
responsabilità reclamata. L'affermazione che, si ripete, è certamente
sostenibile con riferimento ai contratti assicurativi con clausola daims made
pura, non resiste, con riguardo alle altre, al dirimente rilievo che, nell'ambito
dell'assicurazione della responsabilità civile, il sinistro delle cui conseguenze
patrimoniali l'assicurato intende traslare il rischio sul garante, è collegato
non solo alla condotta dell'assicurato danneggiante, ma altresì alla richiesta
risarcitoria avanzata dal danneggiato, essendo fin troppo ovvio che ove al
comportamento lesivo non faccia seguito alcuna domanda di ristoro, nessun
diritto all'indennizzo - e specularmente nessun obbligo di manleva -
insorgeranno a favore e a carico dei soggetti del rapporto assicurativo.
15. Se tutto questo è vero, il discostamento dal modello codicistico
introdotto dalla clausola clarniors made impura, che è quella che qui
interessa, mirando a circoscrivere la copertura assicurativa in dipendenza di
un fattore temporale aggiuntivo, rispetto al dato costituito dall'epoca in cui è
stata realizzata la condotta lesiva, si inscrive a pieno titolo nei modi e nei
limiti stabiliti dal contratto, entro i quali, a norma dell'art. 1905 cod. civ.,
l'assicuratore è tenuto a risarcire il danno sofferto dall'assicurato. E poiché
non è seriamente predicabile che l'assicurazione della responsabilità civile
sia ontologicamente incompatibile con tale disposizione, il patto claims made
è volto in definitiva a stabilire quali siano, rispetto all'archetipo fissato
dall'art. 1917 cod. civ., i sinistri indennizzabili, così venendo a delimitare
l'oggetto, piuttosto che la responsabilità.
16. Infine, e conclusivamente, nessuna consistenza hanno gli altri profili di
vessatorietà evocati dalla Provincia Religiosa, a sol considerare che la
pretesa, pattizia imposizione di decadenze è resistita dai medesimi rilievi
svolti a proposito dell'eccepita nullità della clausola per contrarietà al
disposto dell'art. 2965 cod. civ.; che la deduzione di un'incisione della libertà
contrattuale del contraente non predisponente costituisce al più un
inconveniente pratico che, in quanto effetto riflesso delle condizioni della
stipula, è semmai passibile di valutazione in sede di scrutinio sulla
12
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
meritevolezza della tutela, di cui appresso si dirà; che inesistente, infine, è
La prospettata limitazione alla facoltà dell'assicurato di opporre eccezioni.
Ne deriva che correttamente il giudice di merito ha escluso sia le ragioni di
nullità fatte valere dall'esponente che il carattere vessatorio della clausola.
17. Ritenuta inoperante la tutela, del resto meramente formale, assicurata
dall'art. 1341 cod. civ., e conseguentemente infondate le critiche svolte nel
primo mezzo, si tratta ora di considerare i possibili esiti di uno scrutinio di
validità condotto sotto il profilo della meritevolezza di tutela della deroga al
regime legale contrattualmente stabilita, riprendendo il discorso dal punto in
cui lo si è lasciato (al n. 12.). Peraltro, se è approdo pacifico della teoria
generale del contratto la possibilità di estendere il sindacato al singolo patto
atipico, inserito in un contratto tipico, è di intuitiva evidenza che qualsivoglia
indagine sulla meritevolezza deve necessariamente essere condotta in
concreto, con riferimento, cioè, alla fattispecie negoziale di volta in volta
sottoposta alla valutazione dell'interprete. E invero i dubbi avanzati da
questa Corte allorché, interrogandosi in un obiter dictum sulla validità
dell'esclusione dalla copertura assicurativa di un sinistro realizzato nel pieno
vigore del contratto, in quanto la domanda risarcitoria era stata per la prima
volta proposta dopo la scadenza della polizza, ebbe a ipotizzare problemi di
validità della clausola, considerato che, in casi siffatti, verrebbe a mancare,
"in danno dell'assicurato, il rapporto di corrispettività fra il pagamento del
premio e il diritto all'indennizzo" (cfr. Cass. civ. 17 febbraio 2014, n. 3622),
non appaiono passibili di risposte univoche, in disparte il loro indiscutibile
impatto emotivo. è sufficiente al riguardo considerare che la prospettazione
dell'immeritevolezza è, in via di principio, infondata con riferimento alle
clausole c.d. pure, che, non prevedendo limitazioni temporali alla loro
retroattività, svalutano del tutto la rilevanza dell'epoca di commissione del
fatto illecito, mentre l'esito dello scrutinio sembra assai più problematico con
riferimento alle clausole c.d. impure, a partire da quella, particolarmente
penalizzante, che limita la copertura alla sola ipotesi che, durante il tempo
dell'assicurazione, intervengano sia il sinistro che la richiesta di
risarcimento. Quanto poi alle clausole che estendono la garanzia al rischio
pregresso, l'apprezzamento non potrà non farsi carico dei rilievo che, in casi
siffatti, il sinallagma contrattuale, che nell'ultimo periodo di vita del rapporto
è destinato a funzionare in maniera assai ridotta, quanto alla copertura delle
13
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
condotte realizzate nel relativo arco temporale, continuerà nondimeno a
operare con riferimento alle richieste risarcitorie avanzate a fronte di
comportamenti dell'assicurato antecedenti alla stipula, di talché
l'eventualità, paventata nell'arresto n. 3622 del 2014, di una mancanza di
corrispettività tra pagamento del premio e diritto all'indennizzo, non è poi
così scontata. Peraltro è evidente che della copertura del rischio pregresso
nulla potrà farsene l'esordiente, il quale non ha alcun interesse ad assicurare
inesistenti sue condotte precedenti alla stipula, di talché anche tale
circostanza entrerà, se del caso, nella griglia valutativa della meritevolezza.
18. Non è poi superfluo aggiungere che, laddove risulti applicabile la
disciplina di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, l'indagine
dovrà necessariamente confrontarsi con la possibilità di intercettare, a carico
del consumatore, quel "significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi
derivanti dal contratto" presidiato dalla nullità di protezione, di cui all'art. 36
d.lgs. n. 206 del 2005. E ancorché la pacifica limitazione della tutela offerta
dalla menzionata fonte alle sole persone fisiche che concludano un contratto
per la soddisfazione di esigenze della vita quotidiana estranee all'attività
imprenditoriale o professionale eventualmente esercitata - dovendosi per
contro considerare professionista il soggetto che stipuli il contratto
nell'esercizio di una siffatta attività o per uno scopo a questa connesso (cfr.
Cass. civ. Cass. civ. 12 marzo 2014, n. 5705; Cass. civ. 23 settembre 2013,
n. 21763) - escluda la possibilità che essa risulti applicabile ai contratti di
assicurazione della responsabilità professionale e marchi comunque di
assoluta residualità l'ipotesi di una sua rilevanza in parte qua, va nondimeno
sottolineata la maggiore incisività del relativo scrutinio.
Questo, in quanto volto ad assicurare protezione al contraente debole, non
potrà invero che attestarsi su una soglia di incisione dell'elemento causale
più bassa rispetto a quella necessaria per il positivo riscontro
dell'immeritevolezza, affidato ai principi generali dell'ordinamento.
19. Va poi da sé che l'esegesi, ove non approdi a risultati appaganti sulla
base di dati propri della clausola, che risultino in sé di fulminante evidenza
in un senso o nell'altro, non può prescindere dalla considerazione, da un
lato, dell'esistenza di un contesto caratterizzato dalla spiccata asimmetria
delle parti e nel quale il contraente non predisponente, ancorché in tesi
qualificabile come "professionista", è, in realtà, il più delle volte sguarnito di
14
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
esaustive informazioni in ordine ai complessi meccanismi giuridici che
governano il sistema della responsabilità civile; dall'altro, di tutte le
circostanze del caso concreto, ivi compresi altri profili della disciplina
pattizia, quali, ad esempio, l'entità del premio pagato dall'assicurato, così in
definitiva risolvendosi in un giudizio di stretto merito che, se adeguatamente
motivato, è insindacabile in sede di legittimità.
20. Quanto poi agli effetti della valutazione di immeritevolezza, essi, in via
di principio - esorbitando dall'area della mera scorrettezza comportamentale
presidiata, per quanto innanzi detto (al n. 7.2), dalla sola tutela risarcitoria
- non possono non avere carattere reale, con l'applicazione dello schema
legale del contratto di assicurazione della responsabilità civile, e cioè della
formula loss occurence. E tanto sull'abbrivio degli spunti esegetici offerti dal
secondo comma dell'art. 1419 cod. civ. nonché del principio, ormai assurto a
diritto vivente, secondo cui il precetto dettato dall'art. 2 della Costituzione
"che entra direttamente nel contratto, in combinato contesto con il canone
della buona fede, cui attribuisce vis normativa" (Corte cost. n. 77 del 2014 e
n. 248 del 2013), consente al giudice di intervenire anche in senso
modificativo o integrativo sullo statuto negoziale, qualora ciò sia necessario
per garantire l'equo contemperamento degli interessi delle parti e prevenire
o reprimere l'abuso del diritto (cfr. Cass. civ. 18 settembre 2009, n. 20106;
Cass. sez. un. 13 settembre 2005, n. 18128).
21. Prima di chiudere, verificando la ricaduta degli esposti criteri sulla
fattispecie dedotta in giudizio, non possono queste sezioni unite ignorare la
delicata questione della compatibilità della clausola daims made con
l'introduzione, in taluni settori, dell'obbligo di assicurare la responsabilità
civile connessa all'esercizio della propria attività. Mette conto in proposito
ricordare: a) che l'art. 3, comma 5, decreto legge n. 138 del 2011,
convertito con legge n. 148 dello stesso anno, nell'elencare i principi ai quali
devono ispirarsi le riforme degli ordinamenti professionali da approvarsi nel
termine di un anno dall'entrata in vigore del decreto, ha previsto alla lett.
e), l'obbligo per tutti di stipulare "idonea assicurazione per i rischi derivanti
dall'esercizio dell'attività professionale", nonché di rendere noti al cliente, al
momento dell'assunzione dell'incarico, gli estremi della polizza stipulata e il
relativo massimale; b) che il successivo d.P.R. n. 137 del 7 agosto 2012, nel
ribadire siffatto obbligo - la cui violazione costituisce peraltro illecito
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
disciplinare - e nel precisare che la stipula dei contratti possa avvenire
"anche per il tramite di convenzioni collettive negoziate dai consigli nazionali
e dagli enti previdenziali dei professionisti", ha prorogato di un anno
dall'entrata in vigore della norma, e dunque fino al 15 agosto 2013, l'obbligo
di assicurazione; c) che con specifico riferimento agli esercenti le professioni
sanitarie il decreto legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito con la legge
8 novembre 2012, n. 189, ha poi demandato a un decreto del Presidente
della Repubblica la disciplina delle procedure e dei requisiti minimi e
uniformi per l'idoneità dei relativi contratti, mentre il decreto legge 21
giugno 2013, n. 69 (c.d. decreto fare), convertito dalla legge 9 agosto 2013,
n. 98, ha allungato al 13 agosto 2014 l'obbligo degli stessi di munirsi di
assicurazione di responsabilità civile.
22. Ciò posto, e rilevato che è stata da più parti segnalata l'incongruenza
della previsione di un obbligo per il professionista di assicurarsi, non
accompagnata da un corrispondente obbligo a contrarre in capo alle società
assicuratrici, quel che in questa sede rileva è che il giudizio di idoneità della
polizza difficilmente potrà avere esito positivo in presenza di una clausola
claims made, la quale, comunque articolata, espone il garantito a buchi di
copertura è peraltro di palmare evidenza che qui non sono più in gioco
soltanto i rapporti tra società e assicurato, ma anche e soprattutto quelli tra
professionista e terzo, essendo stato quel dovere previsto nel preminente
interesse del danneggiato, esposto al pericolo che gli effetti della colpevole e
dannosa attività della controparte restino, per incapienza del patrimonio
della stessa, definitivamente a suo carico. E di tanto dovrà necessariamente
tenersi conto al momento della stipula delle "convenzioni collettive negoziate
dai consigli nazionali e dagli enti previdenziali dei professionisti", nonché in
sede di redazione del decreto presidenziale chiamato a stabilire, per gli
esercenti le professioni sanitarie, le procedure e i requisiti minimi e uniformi
per l'idoneità dei relativi contratti.
23. Tornando al caso dedotto in giudizio, si tratta a questo punto di
verificare, alla stregua degli stimoli critici contenuti in ricorso e alla luce dei
criteri innanzi esposti in ordine al controllo, immanente nella funzione
giudiziaria, della compatibilità del regolamento di interessi in concreto
realizzato dalle parti con i principi generali dell'ordinamento (cfr. Cass. civ.
sez. un. nn. 26242 e 26243 del 2014; Cass. civ. 19 giugno 2009, n. 14343),
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
la meritevolezza della clausola claims made inserita nella polizza n. 118921
stipulata dalla Provincia Religiosa con Cattolica Assicurazioni s.p.a.
A giudizio della Corte dirimente appare sul punto il rilievo che la Curia
capitolina ha segnatamente valorizzato, ancorché al fine di escludere la
vessatorietà della clausola, la condizione di favore per l'assicurato
rappresentata dall'allargamento della garanzia ai fatti dannosi verificatisi
prima della conclusione del contratto. Il che dimostra, in maniera
inequivocabile, che il giudice di merito ha condotto lo scrutinio anche e
soprattutto in chiave di meritevolezza della disciplina pattizia che era
chiamato ad applicare.
Il positivo apprezzamento della sua sussistenza, nella assoluta assenza di
deduzioni volte ad evidenziarne l'irragionevolezza e l'arbitrarietà, è, per
quanto innanzi detto, incensurabile in sede di legittimità.
1.8. Tirando le fila del discorso vanno enunciati i seguenti principi di diritto:
nel contratto di assicurazione della responsabilità civile la clausola che
subordina l'operatività della copertura assicurativa alla circostanza che tanto
il fatto illecito quanto la richiesta risarcitoria intervengano entro il periodo di
efficacia del contratto o, comunque, entro determinati periodi di tempo,
preventivamente individuati (c.d. clausola clams made mista o impura) non
è vessatoria; essa, in presenza di determinate condizioni, può tuttavia
essere dichiarata nulla per difetto di meritevolezza ovvero, laddove sia
applicabile la disciplina di cui al decreto legislativo n. 206 del 2005, per il
fatto di determinare, a carico del consumatore, un significativo squilibrio dei
diritti e degli obblighi derivanti dal contratto; la relativa valutazione, da
effettuarsi dal giudice di merito, è incensurabile in sede di legittimità, ove
congruamente motivata.
Il ricorso deve in definitiva essere rigettato.
La difficoltà delle questioni consiglia di compensare integralmente tra le parti
le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; compensa integralmente tra le parti le spese del
giudizio.
17
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
. Roma, 26 gennaio 2016. 

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