martedì 30 agosto 2016

Revoca della patente auto per mancanza dei requisiti morali: competenza a decidere del giudice ordinario

art. 120 codice della strada, requisiti morali patente auto, revoca patente auto, revoca della patente auto per mancanza requisiti morali,




Revoca della patente auto per mancanza dei requisiti morali: il Consiglio di Stato, Sezione Quinta, con sentenza n. 3712 del 29 Agosto 2016, ha sancito che la competenza a decidere per i casi di cui all'art. 120 del codice della strada è del giudice ordinario.  










Il fatto
Nell'Ottobre 2015 la Prefettura di Bergamo, sulla scorta della sentenza di Cassazione Penale, Sez. IV, n. 297 del 23 febbraio 2015, revocava la patente di guida del ricorrente e stabiliva, contestualmente, il divieto di conseguire una nuova patente fino al 23 febbraio 2018. In particolare, mentre il Tribunale di Bergamo condannava il ricorrente per aver circolato in data 13 novembre 2011, in orario notturno, con un tasso alcolemico pari a 2,42 g/l (a fronte del limite legale di 0,5 g/l) e per aver provocato un incidente stradale, la Cassazione  ripristinava sia la pena originaria sia la revoca della patente. 

La pronuncia del Tar Lombardia, Sezione di Brescia
Il ricorrente proponeva ricorso avverso il decreto prefettizio rivolgendosi al Tar Lombardia, sezione staccata di Brescia, richiedendo lo scomputo della sospensione di un anno, disposta dalla Prefettura in data 16 aprile 2012 ai sensi dell’art. 223 del codice della strada.
I giudici amministrativi lombardi confermavano la competenza del magistrato amministrativo in materia di revoca della patente auto per mancanza dei requisiti morali (fisici, psichici, morali, di idoneità tecnica).
Mentre, per quanto atteneva alla durata dell’inibizione, pari a tre anni in base all’art. 219 comma 3-ter del codice della strada, la normativa lasciava supporre che dovevasi fare riferimento alla data di deposito della sentenza definitiva. Soluzione, peraltro, coerente con le esigenze implicite nel sistema della vigilanza sull’uso della patente di guida, in quanto assicura l’effettività della sanzione amministrativa, evitando contemporaneamente un utilizzo opportunistico delle impugnazioni davanti al giudice penale.
Pertanto, alla luce delle considerazioni svolte, il tar lombardo riteneva  che la sottrazione della patente di guida deve quindi operare come una limitazione effettiva della facoltà di guida, ma non oltre il tetto stabilito dal legislatore.
La sospensione della patente veniva ritenuta una misura cautelare, che interviene nell’immediatezza del fatto, senza le garanzie dell’accertamento in sede penale, e dunque è destinata a essere assorbita nella sospensione disposta dal giudice penale, con detrazione del periodo di tempo già scontato (v. Cass. pen. Sez. IV 24 novembre 2015 n. 48845).
Orbene, ne conseguiva che il cumulo di queste sanzioni non poteva eccedere il risultato sostanziale di quella più grave, ossia della revoca. In particolare, essendovi stata l’effettiva sottrazione della patente in seguito alla sospensione disposta dalla Prefettura, il termine finale dell’inibizione collegata alla revoca della patente doveva essere ridotto dell’esatto numero di giorni in cui il ricorrente era rimasto privo della facoltà di guidare.

Il ricorso al Consiglio di Stato 
Il Ministero delle Infrastrutture si rivolgeva al Consiglio di Stato per la riforma della sentenza del Tar Lombardia. 
Il ricorrente chiedeva che venisse dedotto il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo sulla controversia e nel merito viene criticata la sentenza impugnata sotto vari profili per violazione di legge.

La pronuncia del Consiglio di Stato 
Il Consiglio di Stato, accogliendo il ricorso del Ministero, ha confermato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo ed ha dichiarato inammissibile il ricorso di primo grado per carenza di competenza.Secondo il Consiglio di Stato i provvedimenti adottati a norma dell’art.120 Codice della Strada - revoca della patente auto per mancanza dei requisiti morali- non sono espressione di discrezionalità amministrativa, ma sono atti vincolati sia nel presupposto (esistenza delle situazioni ivi elencate), sia nel contenuto (impossibilità del rilascio della patente). Si tratta di una vera e propria lesione di un diritto soggettivo che non degrada ad interesse legittimo per effetto della loro adozione (Cass. SS.UU. n.22491 del 2010).


© Micene Alta Formazione 




-----

Pubblicato il 29/08/2016
N. 03712/2016REG.PROV.COLL.

N. 04341/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso iscritto in appello al numero di registro generale 4341 del 2016, proposto da: 
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti - Ufficio Provinciale per la Motorizzazione Civile di Brescia, e Ministero dell'Interno - Prefettura di Cremona, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati ope legis in Roma, via dei Portoghesi, n. 12; 
contro
De Marchi Mattia, rappresentato e difeso dagli avvocati Piermario Strapparava e Paolo Rolfo, con domicilio eletto presso l’avv. Paolo Rolfo in Roma, via Appia Nuova, n. 96; 
per la riforma della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA - SEZ. STACCATA DI BRESCIA, SEZIONE I, n. 326/2016, resa tra le parti, concernente diniego rilascio titolo abilitativo alla guida patente C;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del sig. Mattia De Marchi;
Viste le memorie difensive;
Visto l’art.60 cod. proc. amm;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 4 agosto 2016 il Cons. Sandro Aureli e uditi per le parti l’avvocato dello Stato Beatrice Gaia Fiduccia e l’avv. Paolo Rolfo.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
1.I Ministeri appellanti chiedono la riforma della sentenza indicata in epigrafe con la quale, in accoglimento del ricorso proposto dal sig. Mattia De Marchi, è stato annullato il provvedimento dell’11 giugno 2015, contenente il diniego di rilascio del titolo abilitativo alla giuda patente C (diniego fondato sulla circostanza che a carico dell’interessato era risultata una condanna per un reato che, ai sensi dell’art.120 del Codice della strada, è ostativo al rilascio della patente C).
Con l’appello in esame viene anzitutto dedotto il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo sulla controversia e nel merito viene criticata la sentenza impugnata sotto vari profili per violazione di legge.
L’interessato si è costituito nel presente giudizio chiedendo il rigetto del gravame e con memoria depositata in vista della discussione parte resistente ha dedotto anche l’inammissibilità (rectius, improcedibilità) dell’appello per carenza sopravvenuta d’interesse, essendo intervenuta la riabilitazione penale con ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Brescia.
All’udienza in camera di consiglio del 4 agosto del 2016, fissata per la delibazione della domanda cautelare di sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata, le parti sono state informate, ai sensi dell’art.60 cpa, dell’intenzione della Sezione di decidere la causa direttamente nel merito.
2. E’ fondato il primo motivo di gravame, con cui le amministrazioni appellanti hanno sostenuto il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo (il che non consente di valutare l’eccezione di improcedibilità dell’appello, sollevata dalla parte appellata, trattandosi di questione che presuppone la sussistenza in capo al giudice adito della potestas iudicandi, che invece nel caso di specie difetta).
Come correttamente rilevato dalle amministrazioni appellanti, infatti i provvedimenti adottati a norma dell’art.120 Cds non sono espressione di discrezionalità amministrativa, bensì sono atti vincolati sia nel presupposto (esistenza delle situazioni ivi elencate), sia nel contenuto (impossibilità del rilascio della patente).
La parte interessata da tali provvedimenti subisce invero un pregiudizio che investe una posizione di diritto soggettivo che non degrada ad interesse legittimo per effetto della loro adozione (Cass. SS.UU. n.22491 del 2010).
E’ stato anche di recente osservato che sussiste la giurisdizione del giudice ordinario nel caso di contestazione degli atti con la quale la pubblica amministrazione, rilevata la insussistenza dei requisiti morali previsti dall’art. 120 del d. lgs. 30 aprile 1992, n. 285, ha revocato la patente di giuda a soggetto condannato per detenzione illecita di sostanze stupefacenti (C.d.S., sez. III, 6 giugno 2016, n. 2413; anche Cass. SS.UU. 14 maggio 2014, n. 10406).
3. L’appello deve pertanto essere accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, deve essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo il ricorso di primo grado, ferma restando la possibilità di riassumere il giudizio innanzi al giudice ordinario nei termini previsti dalla legge.
Ricorrono giusti motivi per la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, dichiara inammissibile il ricorso di primo grado per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, ferma restando la possibilità di riassumere il giudizio innanzi al giudice ordinario nei termini previsti dalla legge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 agosto 2016 con l'intervento dei magistrati:
Carlo Saltelli, Presidente
Sandro Aureli, Consigliere, Estensore
Oreste Mario Caputo, Consigliere
Raffaello Sestini, Consigliere
Stefano Fantini, Consigliere

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Sandro Aureli Carlo Saltelli

IL SEGRETARIO


Consiglio di Stato, Sezione Quinta, con sentenza n. 3712 del 29 Agosto 2016 >> versione pdf 



-----



Tar Lombardia, sez. I, ordinanza 27 gennaio 2016 – 2 febbraio 2016, n. 117 - Presidente Calderoni – Estensore Pedron


1. La Prefettura di Bergamo, con decreto del dirigente dell’Area III-bis del 3 ottobre 2015, ha revocato la patente di guida del ricorrente, stabilendo contestualmente il divieto di conseguire una nuova patente fino al 23 febbraio 2018.
2. Il provvedimento è stato adottato sulla base della sentenza di Cass. pen. Sez. IV 23 febbraio 2015 n. 297, che ha annullato parzialmente, senza rinvio, la sentenza del Tribunale di Bergamo del 21 febbraio 2014.
3. Il Tribunale aveva dichiarato il ricorrente colpevole del reato ex art. 186 commi 2-c, 2-bis e 2-sexies del Dlgs. 30 aprile 1992 n. 285 (codice della strada), per aver circolato in data 13 novembre 2011, in orario notturno, con un tasso alcolemico pari a 2,42 g/l (a fronte del limite legale di 0,5 g/l) e per aver provocato un incidente stradale. Tuttavia, riconoscendo prevalenti le attenuanti generiche rispetto all’aggravante dell’incidente stradale, il Tribunale ha sostituito la pena originaria (2 mesi e 20 giorni di arresto e € 1.000 di ammenda) con il lavoro di pubblica utilità, e ha applicato, in luogo della revoca della patente, la semplice sospensione della stessa per 1 anno e 6 mesi.
4. La Cassazione, invece, ha ripristinato sia la pena originaria sia la revoca della patente, ritenendo rilevante, ai sensi dell’art. 186 comma 9-bis del codice della strada, la sussistenza oggettiva dell’aggravante dell’incidente stradale, indipendentemente dall’utilizzazione della stessa nel calcolo della sanzione.
5. Il ricorrente propone impugnazione contro l’effetto interdittivo ex art. 219 comma 3-ter del codice della strada (“tre anni a decorrere dalla data di accertamento del reato”), sostenendo che il divieto triennale di conseguire una nuova patente dovrebbe decorrere dalla data di trasmissione della notizia di reato da parte della Polizia Stradale (2 gennaio 2012). In subordine, viene chiesto lo scomputo della sospensione di un anno, disposta dalla Prefettura in data 16 aprile 2012 ai sensi dell’art. 223 del codice della strada.
6. Sulla vicenda si possono formulare le seguenti osservazioni:
(a) per quanto riguarda la giurisdizione, si ritiene che la stessa spetti al giudice amministrativo, in quanto tutte le valutazioni relative ai requisiti necessari per la patente di guida (fisici, psichici, morali, di idoneità tecnica), anche se in taluni casi hanno natura vincolata, incidono su un provvedimento abilitativo che rimane costantemente nella sfera di vigilanza dell’amministrazione. Si tratta pertanto di attività svolta dall’amministrazione nell’esercizio di funzioni pubbliche connesse alla sicurezza della viabilità;
(b) la durata dell’inibizione, pari a tre anni in base all’art. 219 comma 3-ter del codice della strada, è collegata espressamente alla data di accertamento del reato. La formula scelta dal legislatore non sembra riferibile agli uffici dell’amministrazione, che si occupano della ricostruzione dei fatti ma rimettono poi necessariamente ogni valutazione al giudice penale. L’accertamento rilevante è quindi solo quello che rende non più contestabile la qualificazione dei fatti come reato. Conseguentemente, occorre fare riferimento alla data di deposito della sentenza definitiva;
(c) questa soluzione sembra coerente con le esigenze implicite nel sistema della vigilanza sull’uso della patente di guida, in quanto assicura l’effettività della sanzione amministrativa, evitando contemporaneamente un utilizzo opportunistico delle impugnazioni davanti al giudice penale;
(d) la sottrazione della patente deve quindi operare come una limitazione effettiva della facoltà di guida, ma non oltre il tetto stabilito dal legislatore;
(e) in proposito, occorre osservare la situazione che si presenta quando la patente venga sospesa sia dal giudice penale sia dalla Prefettura (v. art. 222 e 223 del codice della strada). La sospensione disposta dalla Prefettura è una misura cautelare, che interviene nell’immediatezza del fatto, senza le garanzie dell’accertamento in sede penale, e dunque è destinata a essere assorbita nella sospensione disposta dal giudice penale, con detrazione del periodo di tempo già scontato (v. Cass. pen. Sez. IV 24 novembre 2015 n. 48845). La medesima regola deve valere per il coordinamento tra la sospensione disposta dalla Prefettura e la revoca disposta dal giudice penale. Il tempo di inibizione collegato alla revoca può infatti essere inteso come la durata massima della sospensione. Pertanto, il cumulo di queste sanzioni non può eccedere il risultato sostanziale di quella più grave, ossia della revoca;
(f) nello specifico, essendovi stata l’effettiva sottrazione della patente in seguito alla sospensione disposta dalla Prefettura, il termine finale dell’inibizione collegata alla revoca deve essere ridotto dell’esatto numero di giorni in cui il ricorrente è rimasto privo della facoltà di guidare.
7. La domanda cautelare viene quindi accolta parzialmente, come sopra precisato.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)
(a) accoglie parzialmente la domanda cautelare, come precisato in motivazione;
(b) fissa la trattazione del merito all'udienza pubblica dell’8 febbraio 2017;
(c) compensa le spese della fase cautelare.
La presente ordinanza sarà eseguita dall'Amministrazione ed è depositata presso la segreteria del tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.




Nessun commento:

Posta un commento

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...

...

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...