martedì 6 settembre 2016

Parto cesareo: dimenticata garza in addome, medici condannati al risarcimento dei danni

parto cesareo, garza addome, controllo sala operatoria, colpa medica, parto cesareo danni, danni da parto cesareo, risarcimento danni parto cesareo,


La Corte di Cassazione, Sezione Quarta Penale, sentenza n. 34503 del 5 Agosto 2016, ha confermato la condanna al risarcimento dei danni inflitta dal Tribunale di Palermo -dapprima- e della Corte di Appello di Palermo -poi inflitta nei confronti di un medico siciliano e del suo aiuto per aver omesso di ottemperare, sia prima che dopo, al dovere di controllo dello strumentario usato in camera operatoria.








Il fatto 
Una giovane siciliana, in seguito all'effettuazione del parto cesareo, si accorgeva della presenza di una  garza nell'addome. 
La benda era stata dimenticata dai medici operanti in seguito all'effettuazione dell'intervento. 
I chirurghi si difendevano imputando la responsabilità dei fatti all'anziana infermiera (79enne) che aveva provveduto alla preparazione della sala operatoria. 

La sentenza di primo grado 
Il Tribunale di Palermo condannava il responsabile dell'equipe, ed il suo aiuto, per aver omesso di effettuare i controlli necessari affinchè accadesse ciò. 
A nulla valevano le giustificazioni dei medici tendenti ad attribuire la responsabilità dei fatti all'anziana donna. 
I giudici di prime cure sentenziavano la responsabilità del primario per mancata esecuzione delle procedure di verifica dello strumentario usato e della mancata revisione della cavità peritoneale.

La sentenza di secondo grado
La Corte di Appello di Palermo, pur effettuando un percorso giuridico diverso, confermava la sentenza  di primo grado. 

La pronuncia della Cassazione
I giudici della Suprema Corte hanno rigettato il ricorso dei medici ed hanno condannato gli stessi al pagamento delle spese processuali. 
Il ragionamento della Corte si è basato sul fatto che i medici sono tenuti alla verifica dello strumentario usato sia prima che dopo l'intervento. 
Inoltre, sul responsabile dell'equipe medica incombe il dovere di controllo dello strumentario ed il controllo dei suoi collaboratori impegnati in sala operatoria. 

© Micene Alta Formazione 




----

Corte di Cassazione, Sezione Quarta Penale, sentenza n. 34503 del 5 Agosto 2016 >> versione pdf 


Penale Sent. Sez. 4 Num. 34503 Anno 2016
Presidente: D'ISA CLAUDIO
Relatore: DOVERE SALVATORE
Data Udienza: 25/05/2016
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Palermo giudicò Cannariato Pietro e Triolo Luigi responsabili
di aver cagionato a Maria Bevilacqua lesioni personali gravi, consistenti
"nell'indebolimento permanente dell'addome", omettendo di effettuare alla fine
dell'intervento chirurgico di parto cesareo, al quale era stata sottoposta la
Bevilacqua e che era stato eseguito dai predetti chirurghi, il conteggio della
garze laparotomiche e lasciando una di esse nell'addome della paziente. Per il
giudice di primo grado risultava accertato che fosse stato compiuto un errore nel
conteggio delle garze, eseguito dalla ferrista, e che tale errore trovava origine
nell'età avanzata della stessa, al momento dell'intervento settantanovenne; che,
inoltre, risultava l'assenza di un infermiere di sala, la cui presenza é prescritta
dai protocolli chirurgici unanimamente accettati, e che tanto integrava una
violazione dei predetti protocolli. Pertanto, fu il giudizio del primo decisore, i
chirurghi avrebbero dovuto eseguire una procedura di verifica effettiva della
procedura di conta delle garze, che invece avevano omesso, così come avevano
omesso la revisione della cavità peritoneale.
La Corte di Appello di Palermo, con la sentenza indicata in epigrafe, ha
confermato la pronuncia di condanna del Cannariato e del Triolo alla pena
ritenuta equa nonché al risarcimento dei danni in favore della Bevilacqua,
costituitasi parte civile, ma sulla scorta di un diverso percorso motivazionale.
Il giudice distrettuale, infatti, ha escluso che le acquisizioni processuali
consentano di affermare che il conteggio delle garze fu omesso o compiuto con
modalità non conformi a quanto prescritto dai protocolli medico scientifici di
riferimento; ha escluso che dal solo fatto che la ferrista fosse stata di età
avanzata potesse dedursi che l'errore nella conta delle garze avesse avuto
origine in una sua inidoneità professionale e, conseguentemente, che nella
specie emergessero circostanze che richiedessero uno standard eccezionale di
attenzione da parte del capo-equipe (il Cannariato) e del suo aiuto operatore (il
Triolo) per assicurare la corretta esecuzione della conta delle garze, tanto da
richiedere agli stessi di provvedere direttamente alla verifica. Ha anche escluso
che fosse provata l'assenza di un soggetto con funzioni di infermiere di sala; ed
ha ritenuto che in ogni caso il dato non poteva essere causalmente correlato con
certezza all'errore nella conta delle garze.
Sicchè la conferma del giudizio di responsabilità é stato dalla Corte di
Appello fondato sulla ritenuta violazione da parte degli imputati del dovere di
tenere il conto delle garze utilizzate e di verificare con attenzione il campo
operatorio prima di procedere alla sua chiusura; configurandosi il controllo finale
da parte dei ferrista come adempimento aggiuntivo. L'osservanza del predetto
obbligo era nella specie esigibile, stante la routinarietà dell'intervento sulla
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
persona della Bevilacqua e l'utilizzo di garze con filo radiopaco che non solo
permetteva di rintracciare le medesime con esame radiografico ma le rendeva
anche più facilmente visibili nel corso dell'intervento chirurgico.
2. Avverso tale decisione ricorre per cassazione Cannariato Pietro.
2.1. Con un primo motivo deduce violazione di legge e vizio motivazionale.
La violaizone di legge sarebbe consistita nella mancata applicazione, da parte
della Corte di appello, del principio di affidamento, in forza del quale, nell'ambito
dell'attività medicochirurgica espletata nella vicenda che occupa, il chirurgo
poteva fare affidamento sulla corretta esecuzione da parte del ferrista del
compito riservato al medesimo di conteggio delle garze. Ad avviso del ricorrente
il chirurgo è obbligato ad un controllo di tipo formale sull'operato del ferrista, nel
senso che è tenuto a richiedere a questi se ha operato la verifica della
corrispondenza tra le garze disponibili all'inizio dell'intervento e quelle presenti
alla fine dello stesso, mentre è escluso che debba procedere direttamente al
conteggio. Il vizio motivazionale viene quindi ravvisato nel non aver la corte
distrettuale tenuto conto degli elementi di prova che dimostravano il compiuto
adempimento da parte del Cannariato degli obblighi dei quali era gravato,
essendo risultato accertato che egli aveva verificato che la ferrista avesse
operato il conteggio e che l'esito fosse stato la corrispondenza numerica.
Aggiunge, l'esponente, che la Corte di appello ha individuato un'autonoma
regola cautelare per pervenire ad un giudizio di responsabilità dell'imputato,
consistente nella prescrizione di procedere alla asportazione delle pezze
laparotomiche utilizzate, a tener conto delle garze usate e a verificare con
attenzione il campo operatorio prima di procedere alla sua chiusura. In ciò si
rinviene una violazione di legge, perché nuovamente si finisce per attribuire al
chirurgo una responsabilità a titolo oggettivo, ove il ferrista, dal quale egli riceve
indicazione del numero delle garze utilizzate, sia incorso in errore non
riconoscibile; e vizio motivazionale perché non è esplicitato il percorso logicogiuridico
seguito per affermare la responsabilità del chirurgo, in specie con
riferimento al comportamento alternativo lecito idoneo a scongiurare il prodursi
dell'evento lesivo.
2.2. Con un secondo motivo si deduce vizio motivazionale, avendo la Corte
di appello ritenuto l'esigibilità del comportamento doveroso sulla scorta di una
lettura parziale delle dichiarazioni del c.t. del p.m. dr.ssa Cacia, così ritenendo,
erroneamente, che le garze utilizzate fossero rese visibili in situ dal filo radiopaco
del quale erano dotate.
2.3. Con un terzo motivo si deduce violazione di legge e vizio motivazionale
in relazione alla mancata applicazione dell'art. 3 legge n. 189/2012: ricorrono i
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
presupposti per l'applicazione della menzionata disposizione, come dato atto
dallo stesso giudice di secondo grado, sicchè non averlo fatto integra la
violazione di lege. Inoltre la Corte territoriale non ha fornito alcuna motivazione
in ordine al grado della colpa.
3. Ricorre per cassazione anche Triolo Luigi, con atto personalmente
sottoscritto.
3.1. Articola due motivi, il primo dei quali censura la sentenza impugnata
sotto il profilo del vizio di motivazione, per non aver esplicato le ragioni per le
quali nel caso di specie non trova applicazione la previsione dell'art. 3 legge n.
189/2012 ed anzi aver ritenuto che il comportamento dei chirurgi era stato
conforme alle linee guida di riferimento e ciò nonostante non escluso la loro
responsabilità. Tanto anche sulla base di una erronea lettura delle dichiarazioni
della Cacia e ritenendo, erroneamente, che il filo radiopaco renda visibili le garze
in situ.
Il secondo motivo investe il vizio motivazionale che sarebbe consistito nel
travisamento della testimonianza della Cacia, ancora sul punto concernente la
visibilità delle garze in corso di intervento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. I ricorsi sono infondati, nei termini di seguito precisati. Essi possono
essere trattati unitariamente, stante la comunanza delle censure.
4.1. Come si è già rammentato nella superiore parte narrativa, rispetto alla
sentenza di primo grado la Corte di appello ha significativamente mutato la
struttura del giudizio di responsabilità, rinvenendo la condotta colposa nella
mancata asportazione di tutte le pezze laparotomiche utilizzate e nel mancato o
inadeguato controllo del campo operatorio prima della e sino alla chiusura del
medesimo.
Ciò consente di tralasciare ogni aspetto che non sia strettamente pertinente
al nucleo dell'addebito mosso agli odierni ricorrenti con la sentenza qui
impugnata; e di prendere le mosse da quanto è sostanzialmente non
controverso: il conteggio delle garze che competeva al collaboratore ‘ferrista' era
stato effettuato (ancorchè erroneamente); il controllo di carattere formale ad
opera del capo equipe era stato eseguito (correttamente).
I temi posti dai ricorsi possono essere trattati a partire da tali premesse.
4.2. Sulla scorta della precisa delimitazione della condotta ritenuta colposa
dalla Corte di appello, appare invero inconferente il richiamo al principio di
affidamento, ai suoi contenuti e alle sue implicazioni. Infatti, nel caso di specie
non si tratta di valutare la fondatezza di una decisione che imputa al chirurgo di
non aver controllato l'altrui operato: ipotesi che tipicamente rimanda al campo
4
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
operativo del principio di affidamento, sia pure in termini (non esaustivi e) che
per l'attuale giurisprudenza di legittimità rimangono alquanto problematici. Tra le
più recenti affermazioni, che questo Collegio ritiene del tutto condivisibile, vi è
quella per la quale il capo dell'equipe operatoria è titolare di una posizione di
garanzia nei confronti del paziente in ragione della quale è tenuto a dirigere e a
coordinare l'attività svolta dagli altri medici, sia pure specialisti in altre discipline,
controllandone la correttezza e ponendo rimedio, ove necessario, ad errori altrui
che siano evidenti e non settoriali o comunque rientranti nella sua sfera di
conoscenza e, come tali, siano emendabili con l'ausilio delle comuni conoscenze
scientifiche del professionista medio (Sez. 4, n. 33329 del 05/05/2015 - dep.
28/07/2015, Sorrentino e altri, Rv. 264366).
A nel c4b che occupa al Cannariato e al Triolo si è ascritto di non aver
adempiuto a compiti che involgevano esclusivamente l'opera propria e non
l'opera di altri; obblighi che attenevano all'esecuzione diretta dell'attività medica
e non alla vigilanza su quella medica o paramedica da altri eseguita.
Il dato non è sfuggito ai ricorrenti, che in termini differenti e /tuttavia /
convergenti mirano in chiave critica alla regola cautelare individuata dalla corte
distrettuale, secondo la quale il chirurgo è tenuto a prestare attenzione nell'uso
delle pezze laparotomiche, curando di non abbandonarle nel campo operatorio.
E se i ricorsi, nella parte incentrata sulla mancata applicazione del principio
di affidamento, non colgono il segno perché non vi è materia per siffatto
principio, a riguardo del nucleo centrale della decisione impugnata risultano
incapaci di portare in emersione i vizi che pure evocano.
Si afferma, per il Cannariato, che si è sconfinato in una responsabilità
oggettiva; ma ciò sarebbe vero se realmente la corte territoriale avesse posto a
carico del chirurgo l'errore non riconoscibile del ferrista. Ma così non è, perché,
come si è scritto, al chirurgo si è ascritto l'errore personale. Quanto all'assenza
di un visibile percorso logico-giuridico conducente all'affermazione di
responsabilità, va dato atto della eccessiva sintesi scelta dalla corte distrettuale;
ciò nonostante è ben rintracciabile la descrizione del comportamento alternativo
lecito che per il giudice di secondo grado sarebbe stato idoneo a scongiurare il
prodursi dell'evento lesivo: si coglie laddove la Corte di appello evoca la difficile
(ma non impossibile) distinguibilità delle garze pur imbevute di sangue; la facile
visibilità della garze assicurata dal filo radiopaco (questione sulla quale occorrerà
tornare, ma a diversi fini); dove perinnetra l'area della diligenza doverosa
nell'esecuzione del compito personale rispetto a quella della diligenza nel
controllo sull'operato altrui (ovvero quando afferma che il controllo finale è
adempimento aggiuntivo che non elide il dovere del chirurgo di accorgersi della
presenza nell'addome di una garza di dimensioni rilevanti che egli stesso vi ha
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
introdotto, nell'ambito di un intervento di routine, in assenza di qualsiasi
complicanza o particolarità).
I ricorrenti non censurano la effettiva esistenza di una simile regola
cautelare; che d'altronde appare rispondente a quanto dettato dai consueti
canoni della prevedibilità e dell'evitabilità. La stessa previsione di linee guida, di
protocolli (come quello descritto nella Raccomandazione n. 2 del marzo 2008 del
Ministero della Salute, più volte evocata nel presente giudizio) trae origine dalla
riconosciuta pericolosità dell'uso di garze e di strumenti nel corso di interventi
chirurgici e dalla identificazione di contromisure atte ad evitare la derelizione
degli stessi nel corpo del paziente.
L'attenzione dei ricorrenti si è appuntata sulla esigibilità della condotta
pretesa dalla Corte territoriale; tuttavia incentrando la censura sulla sola
affermazione della facile visibilità delle garze assicurata dalla presenza in esse di
filo radiopaco; affermazione che si reputa errata e figlia di un travisamento della
prova. Orbene, va subito osservato che in realtà dalla esposizione medesima dei
ricorrenti non emerge alcun travisamento della prova. TalXè l'errore sul
significante e non già quello sul significato: anche i ricorsi riportano il brano della
deposizione della Cacia donde la corte distrettuale ha ricavato la facile visibilità
in situ ildelle garze. Sicchè, diversamente da quanto affermato per il Cannariato,
viene prospettato proprio un errore di valutazione della prova, come ben
evidenzia anche il ricorso per il Triolo, laddove aggiunge che l'affermazione della
Corte territoriale è anche "sganciata da quanto emerso nel corso dell'istruttoria
dibattimentale". Ciò detto, va puntualizzato che il riferimento alla visibilità della
garze in ragione del filo radiopaco è solo uno degli elementi indicati nella
sentenza impugnata per descrivere il comportamento doveroso. Si è già
rimarcato come si sia fatto riferimento altresì alla comunque non impossibile
distinguibilità delle garze imbevute di sangue nel corso di un intervento
operatorio di assoluta routine. Tale giudizio attinge il merito della vicenda per cui
è processo e non può essere censurato da questa Corte (oltretutto in assenza di
rilievi specificamente mossi dai ricorrenti), non emergendo la sua manifesta
illogicità ìné risultando dimostrata la contraddittorietà della stessa alle
acquisizioni processuali.
Si può quindi pervenire a delle prime conclusioni. Il giudizio della Corte di
appello muove dalla premessa dell'esistenza di un dovere di diligenza del
chirurgo nell'utilizzo delle garze laparotomiche, che non è escluso dalla
attribuzione ad un componente specifico dell'equipe operatoria del compito del
conteggio delle garze preliminare, concomitante e successivo all'intervento
operatorio (il cd. ferrista). Si tratta di una regola cautelare che scaturisce dai
canoni della prevedibilità e della evitabilità dell'evento pregiudizievole connesso
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
alla derelizione delle garze nel corpo del paziente, e che è alla base dei protocolli
estesamente osservati nei luoghi di cura. Quel dovere si aggiunge a quelli
gravanti sugli ulteriori componenti dell'equipe e a quello di controllo 'formale' che
il capo equipe deve svolgere sull'operato del ferrista.
In tale quadro l'esclusione della responsabilità del chirurgo, in caso di
abbandono di garze nel corpo del paziente, è connessa alla dimostrazione di
particolari circostanze concrete, che diano evidenza della impossibilità di usare
nel caso di specie la diligenza compatibile con le peculiari condizioni operative.
Quando sin qui ritenuto può essere compendiato nel seguente principio di
diritto: "Con riferimento all'attività medico-chirurgica di equipe, il dovere del
chirurgo capo equipe di controllo del conteggio dello strumentario operato dal
collaboratore si accompagna all'obbligo di diligenza nel controllo del campo
operatorio, onde prevenire la derelizione in esso di cose facenti parti di quello
strumentario.
La diligenza esigibile dal chirurgo nell'esecuzione di tale compiti va valutata
alla luce delle particolari condizioni operative".
Alla Corte di appello, che ha evidenziato la assenza di particolari condizioni
operative ostative ad una verifica che il campo operatorio fosse sgombro di
oggetti utilizzati per l'intervento, e quindi in grado di impedire l'uso della
diligenza richiesta al chirurgo per tale controllo, i ricorsi non hanno opposto
alcuna osservazione.
4.2. Quest'ultima notazione introduce al tema della mancata applicazione
dell'art. 3 della legge n. 189/2012. In primo luogo va rilevato che con gli atti di
appello non era stata avanzata alcuna richiesta concernente la riconduzione del
fatto alla fattispecie delineata dal cd. decreto Balduzzi. Tuttavia ciò non è
dirimente in questa sede, poiché si è in presenza di una parziale "abolitio
criminis", in relazione alle ipotesi di omicidio e lesioni colpose connotate da colpa
lieve, nei procedimenti relativi a tali reati, pendenti in sede di merito alla data di
entrata in vigore della novella, il giudice, in applicazione dell'art. 2, comma
secondo, cod. pen., deve procedere d'ufficio all'accertamento del grado della
colpa, in particolare verificando se la condotta del sanitario poteva dirsi aderente
ad accreditate linee guida (Sez. 4, n. 23283 del 11/05/2016 - dep. 06/06/2016,
Denegri, Rv. 266904).
Deve quindi ritenersi che la corte distrettuale abbia implicitamente escluso
la ricorrenza delle condizioni di delimitazione della responsabilità penale.
Ovviamente ciò non esime questa Corte dal dovere di pronunciare l'annullamento
della sentenza impugnata ove ravvisi negli elementi evidenziati dalla sentenza
all'esame quelle condizioni. Ma ciò non è nel caso concreto, nel quale giammai è
stata formulata una indicazione di colpa lieve a riguardo degli odierni ricorrenti e
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
di rispondenza del loro operato - si intende quello che viene attinto dal
rimprovero elevato dalla Corte di appello - a linee guida o protocolli connotati
dai particolari requisiti di cui alla menzionata disposizione di legge.
5. in conclusione, i ricorsi devono essere rigettati ed i ricorrenti vanno
condannati al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 25/5/2016.

Nessun commento:

Posta un commento

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...

...

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...