giovedì 25 agosto 2016

Cassazione: via libera ai matrimoni per via telematica

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Cassazione: via libera ai matrimoni per via telematica

La Corte di Cassazione, Sezione Prima, con sentenza n. 15343 del 25 Luglio 2016, ha stabilito che è valido a tutti gli effetti il matrimonio contratto per via telematica; nel caso di specie, si trattava di un matrimonio celebrato via Skype.






Il fatto
Il fatto traeva origine in seguito del rifiuto dell'Ufficio di Stato Civile di San Giovanni in Persiceto, comune in provincia di Bologna, di trascrivere l'atto di matrimonio contratto tra un cittadino pakistano ed una donna italiana a mezzo Skype.
L'Ufficiale dello Stato Civile si rifiutava poichè, a suo dire, l'ordinamento giuridico italiano, salvo casi eccezionali, richiede la presenza contestuale di entrambi i futuri sposi dinnanzi all'ufficiale rogante. 

La sentenza di primo grado 
Prontamente, la parte si rivolgeva al Tribunale di Bologna per il soddisfo delle proprie ragioni.
Il Tribunale di Bologna accoglieva la domanda e riteneva valido il matrimonio celebrato per via telematica in virtù del considerazione del fatto che, comunque, entrambi i coniugi, seppure per via telematica, avevano prestato il proprio consenso in maniera libera e consapevole alla presenza di due testimoni. 
L'assenza della sposa all'altare nuziale veniva superata attraverso la partecipazione della stessa per via telematica. 
Pertanto, alla luce di suddetto ragionamento, i giudici di prime cure, non ritenendo che sussistesse alcuna violazione dell'ordine pubblico internazionale, stabilivano che era illegittimo il rifiuto di trascrizione opposto dall'Ufficiale di Stato Civile del Comune di San Giovanni in Persiceto. 

La sentenza di secondo grado
Avverso la decisione di primo grado proponeva appello il Ministero dell'Interno. 
I giudici di seconde cure rigettavano l'appello ministeriale e ritenevano che la procedura eseguita integrasse in pieno il rispetto del principio di ordine pubblico. Infatti, secondo la Corte di Appello di Bologna consenso era stato espresso in modo libero e consapevole da parte degli sposi i quali, seppur a distanza e per via telematica, avevano, comunque, espresso il proprio consenso nella maniera prescritta dalla legge. 

La sentenza della Cassazione 
Prontamente, il Ministero dell'Interno ricorreva avverso la sentenza dei giudici di appello del capoluogo emiliano Ministero dell'Interno. 
Il ricorrente insisteva sulla circostanza che le nozze erano contrarie all'ordine pubblico italiano. In particolare, il Ministero riteneva che la modalità attraverso cui il matrimonio era stato celebrato -ovvero senza la presenza fisica dei nubendi e solo grazie ai potenti mezzi della tecnologia contemporanea- non integrasse la libera e consapevole manifestazione del consenso. 
La Cassazione, richiamandosi all'intuizione del giudice di primo grado il quale, facendo rilevare che anche nell'ordinamento italiano esiste la possibilità di una celebrazione matrimoniale "inter absentes" in determinati casi, confermava la possibilità di celebrazione delle nozze per  via telematica in presenza di testimoni. 

© Micene Alta Formazione


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SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE - SEZIONE I CIVILE - Sentenza 20 giugno - 25 luglio 2016, n. 15343 >>  pdf 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI PALMA Salvatore - Presidente -

Dott. GIANCOLA Maria Cristina - Consigliere -

Dott. CAMPANILE Pietro - Consigliere -

Dott. ACIERNO Maria - Consigliere -

Dott. LAMORGESE Antonio - rel. Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28009-2014 proposto da:

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

- ricorrente -

contro

F.S., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ALFREDO CASELLA 43, presso l’avvocato NICOLETTA MERCATI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARCO MELLONE, giusta procura speciale per Notaio dott. UMBERTO TOSI di BOLOGNA - Rep. n. 31765 del 23.12.2014;

- controricorrente -

avverso il decreto del TRIBUNALE di BOLOGNA, depositato il 13/01/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26/05/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO PIETRO LAMORGESE;

uditi, per la controricorrente, gli Avvocati N. MERCATI e M. MELLONE che si riportano;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CERONI Francesca, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Svolgimento del processo

L’Ufficiale dello Stato civile del Comune di San Giovanni in Persiceto ha rifiutato la trascrizione dell’atto di matrimonio, celebrato da F.S. con M.Z.B., in data (OMISSIS), registrato il (OMISSIS) dall’autorita’ del Pakistan, in considerazione delle modalita’ di celebrazione, in via telefonica o telematica, ritenute contrarie all’ordine pubblico, sul presupposto che costituisca principio fondamentale dell’ordinamento italiano, derogabile solo in casi del tutto eccezionali, la contestuale presenza dei nubendi dinanzi a colui che officia il matrimonio, anche al fine di assicurare la loro liberta’ nell’esprimere la volonta’ di sposarsi.

Nel contraddittorio con il Ministero dell’interno ed il Comune di San Giovanni in Persiceto, il ricorso della F. e’ stato accolto dal Tribunale di Bologna, con decreto in data 13 gennaio 2014. Secondo il Tribunale, il matrimonio era valido secondo la legge pakistana e, quindi, anche per l’ordinamento italiano, in virtu’ del richiamo operato dalla L. n. 218 del 1995, art. 28, essendo stato celebrato secondo le modalita’ e nelle forme previste dalla legge pakistana. Infatti, in data (OMISSIS), la F. aveva prestato il proprio consenso al matrimonio per via telematica, alla presenza di due testimoni; lo sposo era presente alla celebrazione, officiata dall’autorita’ pakistana, ed erano presenti i suoi testimoni; l’assenza di un procuratore della sposa era superata dalla sua partecipazione diretta, in via telematica, alla celebrazione del matrimonio; l’autorita’ pakistana aveva registrato l’atto il (OMISSIS). Pertanto, il rifiuto di trascriverlo da parte dell’Ufficiale di Stato Civile italiano era illegittimo, non sussistendo alcuna violazione dell’ordine pubblico internazionale, atteso che la contestuale presenza dei nubendi dinanzi all’autorita’ officiante, a norma dell’art. 107 c.c., non costituisce un principio irrinunciabile per la stessa legge italiana, la quale prevede eccezioni, a norma dell’art. 111 c.c., essendo irrinunciabile il solo principio, rispettato nella fattispecie, della libera, genuina e consapevole espressione del consenso alla formazione del vincolo matrimoniale.

Il reclamo del Ministero dell’interno e’ stato rigettato dalla Corte d’appello della stessa citta’, con decreto in data 20 giugno 2014, la quale ha ritenuto che ad integrare il principio di ordine pubblico e’ l’espressione del consenso libero e consapevole da parte dei nubendi, che nella fattispecie vi era stata, anche se a distanza.

Avverso questo decreto il Ministero dell’interno ricorre per cassazione, a norma dell’art. 111 Cost., sulla base di un motivo, cui si oppone la F. con controricorso e memoria. 

Motivi della decisione

La F. ha eccepito l’inammissibilita’ del ricorso per cassazione perche’, a suo avviso, tardivamente notificato (il 24 novembre 2014), senza rispettare il termine di sessanta giorni dalla comunicazione del decreto impugnato, avvenuta in data 23 giugno 2014. L’eccezione e’ infondata. Premesso che il decreto impugnato non e’ stato notificato ad istanza di parte, trova applicazione il principio enunciato da questa Corte (n. 10450/2014, 24000/2011, sez. un. 5615/1988) che non v’e’ ragione di mettere in discussione - secondo il quale il termine di sessanta giorni per la proposizione del ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., avverso i provvedimenti aventi contenuto decisorio e carattere di definitivita’, decorre solo a seguito della notificazione ad istanza di parte, mentre e’ irrilevante, al predetto fine, che gli stessi siano stati pronunciati in udienza o, se pronunciati fuori udienza, siano stati comunicati alle parti dal cancelliere, con la conseguenza che, in tali ipotesi, e’ applicabile il termine lungo di cui all’art. 327 c.p.c., che nella fattispecie e’ stato rispettato.

Nell’unico motivo di ricorso il Ministero dell’interno denuncia la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. 31 maggio 1995, n. 218, artt. 16 e 65, e D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396, art. 18, per avere accolto la richiesta di riconoscimento di un atto matrimoniale contrario all’ordine pubblico italiano, inteso come nucleo essenziale delle regole inderogabili e immanenti all’istituto matrimoniale, in una situazione in cui per le modalita’ in cui il matrimonio era stato celebrato, senza la presenza fisica dei nubendi e grazie all’ausilio del mezzo di comunicazione via Internet, non vi era alcuna garanzia che i nubendi avessero espresso liberamente e reciprocamente un consenso consapevole, anche per le difficolta’ che caratterizzano l’uso di una lingua diversa dalla propria, in considerazione dell’alto valore dell’unione nuziale secondo la Carta costituzionale.

Il motivo e’ infondato.

La Corte bolognese ha correttamente premesso che, ai sensi della L. n. 218 del 1995, art. 28, il matrimonio celebrato all’estero e’ valido nel nostro ordinamento, quanto alla forma, se e’ considerato tale dalla legge del luogo di celebrazione, o dalla legge nazionale di almeno uno dei nubendi al momento della celebrazione, o dalla legge dello Stato di comune residenza in tale momento (v. in tal senso Cass. n. 17620/2013). Pertanto, essendo il matrimonio tra la F. e Z.B. stato celebrato in Pakistan e validamente secondo la legge di quel paese (circostanza incontestata), esso e’ stato ritenuto valido per l’ordinamento italiano, non ostandovi alcun principio di ordine pubblico. Il Ministero ha opposto che la modalita’ di celebrazione del matrimonio, da parte dell’ufficiale pakistano, con la presenza del solo sposo, avendo la sposa partecipato al rito in via telematica, non garantirebbe la genuinita’ dell’espressione del consenso, rendendo l’atto non riconoscibile come matrimonio. Questa tesi e’ errata in diritto per due ragioni.

La prima, perche’ pretende, in sostanza, di ravvisare una violazione dell’ordine pubblico tutte le volte che la legge straniera, in base alla quale sia stato emanato l’atto di cui si chiede il riconoscimento, contenga una disciplina di contenuto diverso da quella dettata in materia dalla legge italiana. Tuttavia, ravvisando l’ordine pubblico nelle norme, seppure inderogabili, presenti nell’ordinamento interno, sarebbero cancellate le diversita’ tra i sistemi giuridici e rese inutili le regole del diritto internazionale privato (v., in modo chiaro, Cass. n. 10215 del 2007 e, in motiv., n. 14662 del 2000; nel senso che le norme espressive dell’ordine pubblico non coincidono con quelle, di genere piu’ ampio, imperative o inderogabili, Cass. n. 4040 del 2006, n. 13928 del 1999, n. 2215 del 1984). Il giudizio di compatibilita’ con l’ordine pubblico dev’essere riferito, invece, al nucleo essenziale dei valori del nostro ordinamento che non sarebbe consentito nemmeno al legislatore ordinario interno di modificare o alterare, ostandovi principi costituzionali inderogabili.

La seconda, perche’ il rispetto dell’ordine pubblico dev’essere garantito, in sede di delibazione, avendo esclusivo riguardo "agli effetti" dell’atto straniero (come ribadito da Cass. n. 9483 del 2013), senza possibilita’ di sottoporlo ad un sindacato di tipo contenutistico o di merito ne’ di correttezza della soluzione adottata alla luce dell’ordinamento straniero o di quello italiano. Ne consegue che se l’atto matrimoniale e’ valido per l’ordinamento straniero, in quanto da esso considerato idoneo a rappresentare il consenso matrimoniale dei nubendi in modo consapevole, esso non puo’ ritenersi contrastante con l’ordine pubblico solo perche’ celebrato in una forma non prevista dall’ordinamento italiano.

Inoltre, i giudici di merito hanno correttamente rilevato che la forma matrimoniale descritta dall’art. 107 c.c., non e’ considerata inderogabile neppure dal legislatore italiano, il quale ammette la celebrazione inter absentes (art. 111 c.c.) in determinati casi, nei quali non puo’ ritenersi che siano inesistenti i requisiti minimi per la giuridica configurabilita’ del matrimonio medesimo, e cioe’ la manifestazione di una volonta’ matrimoniale da parte di due persone di sesso diverso, in presenza di un ufficiale celebrante (come, nella fattispecie in esame, l’autorita’ pakistana).

Da ultimo, questa Corte si e’ espressa implicitamente in senso analogo, affermando il diritto al ricongiungimento familiare a coniugi pakistani che avevano celebrato il matrimonio in forma telefonica in presenza di testimoni (Cass. n. 20559 del 2006, in motiv.).

In conclusione, il ricorso e’ rigettato. Sussistono giusti motivi per compensare le spese del giudizio, in considerazione della novita’ della questione esaminata. 

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; compensa le spese del giudizio di cassazione.

Cosi’ deciso in Roma, il 20 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 25 luglio 2016.


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