giovedì 1 settembre 2016

Porto d'armi: non consentito per il responsabile di maltrattamenti in famiglia

porto d'armi, armi, munizioni, materiali esplodenti, rilascio porto d'armi, divieto detenere  armi, maltrattamenti in famiglia, buona condotta,


Il Consiglio di Stato, Sezione Terza, con sentenza  n. 3687 del 24 Agosto 2016, ha respinto il ricorso di un cittadino campano per la riforma della sentenza del T.A.R. Campania, Sede di Napoli, Sez. V, n. 4117/2012, concernente il divieto di detenere armi, munizioni e materiali esplodenti.










Il fatto
Nel 2010, il Commissariato di Pubblica Sicurezza di Torre del Greco (Na), in seguito alla condanna di maltrattamenti in famiglia subita dal titolare di un porto d'armi, procedeva all'avvio dell'istruttoria di rito per l’adozione del divieto di detenere armi.
Nel Maggio 2012, la Prefettura di Napoli, in applicazione dell’art. 39 del testo unico n. 773 del 1931, emetteva tale divieto.

Il ricorso al Tar Campania
L'intimato proponeva ricorso avverso il provvedimento prefettizio di diniego del porto d'armi lamentando l’illegittimità del provvedimento per violazione di legge ed eccesso di potere.

La pronuncia del Tar Campania
I magistrati partenopei, pur considerando che la sottoposizione al procedimento penale si era conclusa con l' archiviazione, rigettavano il ricorso.Essi ritenevano che il requisito della buona condotta era conseguente ad una valutazione complessiva della personalità del soggetto e non di una mera considerazione tecnica susseguente all'esito di atti e procedure giudiziarie.
In particolare, i giudici napoletani ritenevano che esistessero dei seri pregiudizi in merito al rilascio del porto d'armi in favore del ricorrente in virtù del fatto  che, nel suo passato, vi era una pluralità di violazioni
tra cui l’aggressione della coniuge con pugni, schiaffi e calci.
Pertanto, il Tar Campania, considerando la personalità del ricorrente incline all'illegalità, rigettava il ricorso e condannava il ricorrente al pagamento delle spese processuale.

La pronuncia del Consiglio di Stato 
Avverso la sentenza del Tar Campania veniva proposto ricorso al Consiglio di Stato.
Il Consiglio di Stato, anzitutto, concordava con la posizione prefettizia e ribadiva che il rilascio del porto d'armi è subordinato al possesso dei requisiti attitudinali o di affidabilità in capo al richiedente.
In particolare, riteneva che tali requisiti devono essere desunti da condotte del soggetto interessato,
anche diverse da quelle aventi rilievo penale e accertate in sede penale secondo una valutazione ragionevole.
Secondo i giudici di Palazzo Spada, la perdita del requisito della buona condotta segue ad una valutazione complessiva della personalità del soggetto destinatario del diniego di rinnovo dell’autorizzazione a detenere armi.
Ad esempio, l'autorità amministrativa, nel condurre l’istruttoria ai fini del rilascio del porto d'armi, non può basarsi solo sulla sussistenza di ostativi vincoli di parentela con persone pregiudicate senza, in concreto, valutarne l’incidenza circa il rilascio della licenza a detenere armi.
Il Consiglio di Stato, alla luce di quanto sopra, rigettava il ricorso e condannava il ricorrente al pagamento delle spese  processuali.

© Micene Alta Formazione




---

Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Sezione Quinta, sentenza n. 4117 del 15.12.2012 


N. 04117/2012 REG.PROV.COLL.

N. 03470/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

ex artt.60 e 74 cod. proc. ammin., sul ricorso numero di registro generale 3470 del 2012, proposto dal Sig. OMISSIS , rappresentato e difeso dall’Avv. Ippolito Matrone ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Vincenzo Ferraiuolo in Napoli, Via dei Fiorentini n.61;
contro
Ministero dell’Interno in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato e domiciliato ope legis presso gli Uffici in Napoli, Via A. Diaz n.11;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
del Decreto del Prefetto di Napoli dell’8/5/2012 di divieto di detenzione di armi, munizioni e materiale esplodente.

Visto il ricorso con i relativi allegati, in cui il ricorrente espone di essere già in possesso di porto d’armi sin dal 2002, ma nel 2010 il Commissariato di Pubblica Sicurezza di Torre del Greco proponeva l’adozione del divieto di detenzione sul presupposto di procedimento penale per maltrattamenti in famiglia, di condanna del Tribunale Militare per mancanza alla chiamata e di condanna per reato di getto pericoloso di cose in concorso. Alla comunicazione di avvio del procedimento il ricorrente rispondeva presentando memorie, di qui un supplemento di istruttoria che evidenziava la remissione della querela per maltrattamenti, ma comunque è stato adottato l’impugnato provvedimento sulla base degli altri due precedenti;
Vista la costituzione dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato con successivo deposito di relazione datata 16/7/2012;
Vista la memoria di parte ricorrente;
Visti gli atti tutti della causa;
Udito il relatore Consigliere Gabriele Nunziata alla Camera di Consiglio del 4 ottobre 2012, ed ivi uditi gli Avvocati come da verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;

Viste le circostanze di fatto e le ragioni di diritto come spiegate dalle parti negli atti processuali;
Atteso che il Collegio ritiene il ricorso manifestamente infondato, con la conseguenza che esso può essere deciso con sentenza in forma semplificata, come rappresentato ai difensori delle parti costituite ai sensi dell’art.21, comma 10, della Legge n. 1034/1971 nel testo introdotto dall’art. 3 della Legge n.205/2000, in luogo dell’ordinanza sull’istanza cautelare, così come previsto dall’art. 26, commi 4 e 5 della Legge n.1034/1971 nel testo introdotto dall’art.9, comma 1, della Legge n.205/2000, nonché dall’art.74 cod. proc. ammin., essendo ciò consentito dall’oggetto della causa, dall’integrità del contraddittorio e dalla completezza dell’istruttoria;
Ritenuto in via preliminare di sottolineare che nella materia delle licenze di pubblica sicurezza, perché siano rispettati i principi costituzionali di eguaglianza e le libertà fondamentali riconosciute dalla Costituzione, i requisiti attitudinali o di affidabilità dei richiedenti di tali licenze devono pur sempre essere desunti da condotte del soggetto interessato, anche diverse da quelle aventi rilievo penale e accertate in sede penale, ma devono essere significative in rapporto al tipo di funzione o di attività da svolgere, non essendo ammissibile che da episodi estranei al soggetto finiscano per discendere conseguenze per lui negative, diverse ed ulteriori rispetto a quelle previste dalla legge e non suscettibili, secondo una valutazione ragionevole, di rilevare un’effettiva mancanza di requisiti o di qualità richieste per l’esercizio delle funzioni o delle attività di cui si tratta, traducendosi così in una sorta di indebita sanzione extralegale (T.A.R. Veneto, III, 14.4.2006, n.1017);
Considerato che, ad esempio, la sottoposizione a procedimenti penali, conclusa con provvedimenti di archiviazione, non è circostanza che da sola possa giustificare il divieto di autorizzazione di polizia per sopravvenuta inaffidabilità del titolare della stessa per perdita del requisito della buona condotta, che può essere conseguente solo ad una valutazione complessiva della personalità del soggetto destinatario del diniego di rinnovo dell’autorizzazione di polizia (T.A.R. Puglia, Bari, I, 25.11.2004, n.5478); l’Amministrazione, nel condurre l’istruttoria ai fini del rilascio della licenza, non può dunque limitarsi ad evidenziare, ad esempio, solo la sussistenza di ostativi vincoli di parentela con persone pregiudicate senza, in concreto, valutarne l’incidenza in ordine al giudizio di affidabilità e/o probabilità di abuso nell’uso della licenza, ciò perché la valutazione della possibilità di abuso, pur fondandosi legittimamente su considerazioni probabilistiche, non può prescindere da una congrua ed adeguata istruttoria, della quale dar conto in motivazione, onde evidenziare le circostanze di fatto che farebbero ritenere il soggetto richiedente pericoloso o comunque capace di abusi (Cons. Stato, VI, 22.10.2009, n.6477; T.A.R. Sicilia, Palermo, I, 18.4.2005, n.540);
Ritenuto, con particolare riguardo alla fattispecie in esame, di dover constatare che seri pregiudizi sussistono in ragione della pluralità di violazioni che hanno riguardato l’odierno ricorrente, tra cui l’aggressione della coniuge con pugni, schiaffi e calci che le provocavano lesioni personali giudicate guaribili in 10 giorni, ragion per cui, indipendentemente dalla remissione della querela che ha determinato l’improcedibilità di detto procedimento penale e dalla estinzione ex art.460, V° comma c.p.p. del reato di getto pericoloso di cose in concorso, si deve propendere per un sicuro rilievo negativo della propria personalità in termini di inclinazione alla illegalità; possono dunque, come in analoghe fattispecie (da ultimo, 12.10.2011, n.4672; 30.6.2011, nn.3497 e 3491; 1.6.2011, n.2947), ritenersi esaurienti i necessari accertamenti come espletati dall’Autorità amministrativa nei confronti del titolare della licenza circa la mancanza da parte del medesimo del requisito della buona condotta, ricorrendo gli estremi di una valutazione complessiva della personalità del soggetto in termini di affidabilità e/o probabilità di abuso nell’uso della licenza con formazione di un giudizio di pericolosità nei riguardi del ricorrente;
Ritenuto pertanto che, per lesuesposte considerazioni, il ricorso in epigrafe debba essere rigettato;
Ritenuto, infine, che le spese debbano seguire la soccombenza,
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Quinta)
definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in € 1.000,00.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.
La sentenza è depositata presso la Segreteria del Tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.
Così deciso in Napoli nella Camera di Consiglio del giorno 4 ottobre 2012 con l'intervento dei magistrati:
Vincenzo Fiorentino, Presidente
Gabriele Nunziata, Consigliere, Estensore
Sergio Zeuli, Consigliere
 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/10/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Sezione Quinta, sentenza n. 4117 del 15.12.2012 >> versione pdf 


----

Consiglio di Stato, Sezione Terza, sentenza n. 3687 del 24 Agosto 2016

Pubblicato il 24/08/2016
N. 03687/2016REG.PROV.COLL.

N. 08997/2012 REG.RIC.

logo

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8997 del 2012, proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Vittorio Attanasio e Ippolito Matrone, con domicilio eletto presso l’avvocato Stefano Isidori in Roma, via delle Alpi, n. 30;
contro
Il Ministero dell'Interno e l’U.T.G. - Prefettura di Napoli, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati in Roma, alla via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Campania, Sede di Napoli, Sez. V, n. 4117/2012, resa tra le parti, concernente un divieto di detenere armi, munizioni e materiali esplodenti;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e dell’U.T.G. - Prefettura di Napoli;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 luglio 2016 il pres. Luigi Maruotti e uditi per le parti l’avvocato Stefano Isidori, su delega degli avvocati Vittorio Attanasio e Ippolito Matrone, e l'avvocato dello Stato Maria Vittoria Lumetti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
1. Con atto dell’8 maggio 2012, il Prefetto di Napoli - in applicazione dell’art. 39 del testo unico n. 773 del 1931 – ha disposto nei confronti dell’appellante il divieto di detenere armi e munizioni.
2. Col ricorso di primo grado n. 3470 del 2012 (proposto al TAR per la Campania, Sede di Napoli), l’interessato ha impugnato il provvedimento del Prefetto, lamentandone l’illegittimità per violazione di legge ed eccesso di potere.
3. Il TAR, con la sentenza n. 4117 del 2012, ha respinto il ricorso ed ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio.
In particolare, il TAR ha rilevato che l’interessato – pur se prosciolto in sede penale per remissione della querela – a suo tempo ha aggredito la coniuge (signora Da. Di Do.) con pugni, calci e schiaffi, provocando lesioni personali.
4. Con l’appello in esame, l’interessato ha chiesto che, in riforma della sentenza del TAR, il ricorso di primo grado sia accolto, poiché l’impugnato atto del Prefetto sarebbe affetto dai profili di eccesso di potere dedotti in primo grado.
L’Amministrazione appellata ha chiesto che il gravame sia respinto.
5. Ritiene la Sezione che l’appello sia infondato e vada respinto.
5.1. Per comodità di lettura, va riportato il contenuto degli articoli 11, 39 e 43 del testo unico n. 773 del 1931.
L’art. 11 dispone che «Salve le condizioni particolari stabilite dalla legge nei singoli casi, le autorizzazioni di polizia debbono essere negate:
1) a chi ha riportato una condanna a pena restrittiva della libertà personale superiore a tre anni per delitto non colposo e non ha ottenuto la riabilitazione;
2) a chi è sottoposto all'ammonizione o a misura di sicurezza personale o è stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza.
Le autorizzazioni di polizia possono essere negate a chi ha riportato condanna per delitti contro la personalità dello Stato o contro l'ordine pubblico, ovvero per delitti contro le persone commessi con violenza, o per furto, rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione, o per violenza o resistenza all'autorità, e a chi non può provare la sua buona condotta.
Le autorizzazioni devono essere revocate quando nella persona autorizzata vengono a mancare, in tutto o in parte, le condizioni alle quali sono subordinate, e possono essere revocate quando sopraggiungono o vengono a risultare circostanze che avrebbero imposto o consentito il diniego della autorizzazione».
L’art. 39 dispone che «Il Prefetto ha facoltà di vietare la detenzione delle armi, munizioni e materie esplodenti, denunciate ai termini dell'articolo precedente, alle persone ritenute capaci di abusarne».
L’art. 43 dispone che «oltre a quanto è stabilito dall'art. 11 non può essere conceduta la licenza di portare armi:
a) a chi ha riportato condanna alla reclusione per delitti non colposi contro le persone commessi con violenza, ovvero per furto, rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione;
b) a chi ha riportato condanna a pena restrittiva della libertà personale per violenza o resistenza all'autorità o per delitti contro la personalità dello Stato o contro l'ordine pubblico;
c) a chi ha riportato condanna per diserzione in tempo di guerra, anche se amnistiato, o per porto abusivo di armi.
La licenza può essere ricusata ai condannati per delitto diverso da quelli sopra menzionati e a chi non può provare la sua buona condotta o non dà affidamento di non abusare delle armi».
Da tale quadro normativo, emerge che il legislatore ha individuato i casi in cui l’Autorità amministrativa è titolare di poteri strettamente vincolati (ai sensi dell’art. 11, primo comma e terzo comma, prima parte, e dell’art. 43, primo comma, che impongono il divieto di rilascio di autorizzazioni di polizia ovvero il loro ritiro) e quelli in cui, invece, è titolare di poteri discrezionali (ai sensi dell’art. 11, secondo comma e terzo comma, seconda parte, e dell’art. 39 e 43, secondo comma).
In relazione all’esercizio dei relativi poteri discrezionali, l’art. 39 attribuisce alla Prefettura il potere di vietare la detenzione di armi, munizioni e materie esplodenti a chi chieda il rilascio di una autorizzazione di polizia o ne sia titolare, quando sia riscontrabile una capacità «di abusarne», mentre l’art. 43 consente alla competente autorità – in sede di rilascio o di ritiro dei titoli abilitativi - di valutare non solo tale capacità di abuso, ma anche – in alternativa - l’assenza di una buona condotta, per la commissione di fatti, pure se estranei alla gestione delle armi, munizioni e materie esplodenti, ma che comunque non rendano meritevoli di ottenere o di mantenere la licenza di polizia (non occorrendo al riguardo un giudizio di pericolosità sociale dell’interessato: Cons. Stato, Sez. III, 7 marzo 2016, n. 922; Sez. III, 1° agosto 2014, n. 4121; Sez. III, 12 giugno 2014, n. 2987).
5.2. Nella specie, la Prefettura di Napoli ha disposto il divieto di detenere armi e munizioni in applicazione dell’art. 39 e, dunque, esercitando un potere discrezionale, ed ha ritenuto che l’appellante sia privo del requisito della «buona condotta».
Ritiene la Sezione che, in considerazione delle circostanze emerse nel corso del procedimento amministrativo, il provvedimento della Prefettura impugnato in primo grado non sia affetto dai vizi di eccesso di potere, dedotti dall’appellante.
Dalle risultanze acquisite emerge che nei suoi confronti si è proceduto con un procedimento penale per il delitto di maltrattamenti in famiglia, terminato con la sentenza del Tribunale di Torre Annunziata n. 63 del 12 febbraio 2002, che ha dato atto della non abitualità della condotta contestata, nonché della remissione della querela da parte del coniuge, in relazione alle lesioni personali.
Come ha correttamente ritenuto la sentenza impugnata, il Prefetto ha ben potuto trarre elementi di valutazione dalla risultanze emerse in sede penale.
Dalla sentenza n. 63 del 2002 sopra indicata, si evince che non sono emersi in quella sede «elementi tali da poter consentire un giudizio assolutorio nel merito».
In sede amministrativa, il Prefetto ha dunque ben potuto valutare i fatti emersi nel corso del procedimento, rilevando l’avvenuta commissione di atti di violenza personale.
Al riguardo, ritiene la Sezione – similmente a quanto ritenuto in casi simili, in cui vi è stato il proscioglimento per remissione della querela (Sez. III, 31 maggio 2016, n. 2308) - che è di per sé ragionevole – e comunque insindacabile nella sede della giurisdizione di legittimità - la scelta dell’Amministrazione di prevenire che la situazione possa degenerare (Sez. III, 10 agosto 2016, n. 3603), vietando la detenzione di armi e munizioni nei confronti di chi abbia formulato minacce (Sez. III, 10 agosto 2016, n. 3515; Sez. III, 5 luglio 2016, n. 2990; Sez. III, 3 maggio 2016, n. 1727 e n. 1703) e, a maggior ragione, nei confronti di chi abbia avuto un atteggiamento violento (Sez. III, 31 maggio 2016, n. 2308 e n. 2306).
5.3. Spetta invece all’Autorità amministrativa verificare se il decorso del tempo e le sopravvenienze possano condurre ad una diversa valutazione delle circostanze.
5.4. Poiché il provvedimento impugnato in primo grado si è ragionevolmente fondato sulle circostanze sopra rilevate, diventa irrilevante verificare la significatività o meno delle altre condotte costituenti reato, ivi evidenziate e poste a base di pronunce dell’autorità giudiziaria del 1994 e del 2004.
6. Per le ragioni che precedono, l’appello va respinto.
La condanna al pagamento delle spese e degli onorari del secondo grado del giudizio segue la soccombenza. Di essa è fatta liquidazione nel dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) respinge l’appello n. 8997 del 2012.
Condanna l’appellante al pagamento di euro 3.000 (tremila), in favore delle Amministrazioni appellate, per spese ed onorari del secondo grado del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, presso la sede del Consiglio di Stato, Palazzo Spada, nella camera di consiglio del giorno 21 luglio 2016, con l'intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente, Estensore
Carlo Deodato, Consigliere
Manfredo Atzeni, Consigliere
Stefania Santoleri, Consigliere
Raffaello Sestini, Consigliere
 
 
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
Luigi Maruotti
 
IL SEGRETARIO

Consiglio di Stato, Sezione Terza, sentenza n. 3687 del 24 Agosto 2016 >> versione pdf 




Nessun commento:

Posta un commento

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...

...

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...